pater familias

capo” 422 . Sottolineo, però, che sarebbe bastato scrivere
sine capitis minutione, visto che l’emancipatio era una
causa di capitis deminutio minima.
Se ne deduce, per esclusione, che, se la capitis deminutio
non interessava le consacrate a Vesta, doveva, però,
riguardare le altre donne ingenuae testatrici; solo così si
comprende il senso di quello che Gellio ha voluto
esprimere.
L’autore, come Cicerone, non menziona la coemptio
testamenti faciendi gratia. Il riferimento di Gellio
all’emancipatio è una prova in più del fatto che la modifica
dello status familiae, che serviva alle donne per testare,
poteva attuarsi anche con atto diverso dalla coemptio
testamenti f.g.
Le emancipate, probabilmente, erano, quindi, la seconda
categoria di donne esentate dalla coemptio fiduciaria 423 .
È noto che la donna emancipata dal pater familias subiva
un cambiamento del suo status familiae, fuoriuscendo dal
gruppo agnatizio in seguito a mancipatio, remancipatio e
manumissio.
Non si può fare a meno di notare che il procedimento
dell’emancipazione era identico a quello della coemptio
fiduciaria. A cambiare erano soltanto i soggetti: nel caso
dell’emancipatio il mancipio dans della donna sottoposta
alla sua potestas era il pater familias, che svolgeva anche
il ruolo di manumissor, divenendo, così, tutor legitimus
dell’emancipata. Peppe ipotizza che, già in epoca molto
risalente, la donna, in casi eccezionali, potesse ottenere il
ius testandi quando il pater decideva di emanciparla. Anzi,
422 PEPPE L., Posizione giuridica, cit., 56 s. e nt. 122.
423 VOLTERRA E., Sulla capacità, 86; VOCI, Diritto ereditario,
cit., 394; PEPPE L., Posizione giuridica, cit., 57.
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