pater familias

5. Critica gaiana alla giustificazione storica dell’istituto in
rapporto alla realtà del suo tempo.
Gaio, nelle Istituzioni, non si limita a descrivere i vari
aspetti della tutela muliebre, ma, in uno degli ultimi
paragrafi, ci informa di come l’istituto trovava
applicazione nel II d.C.:
Gai.1,190: Feminas vero perfectae aetatis in tutela esse
fere nulla pretiosa ratio suasisse videtur. Nam quae
vulgo creditur, quia levitate animi plerumque
decipiuntur et aequum erat eas tutorum auctoritate
regi, magis speciosa videtur quam vera: mulieres enim
quae perfectae aetatis sunt, ipsae sibi negotia tractant,
et in quibusdam causis dicis gratia tutor interponit
auctoritatem suam; saepe etiam invitus auctor fieri a
praetore cogitur.
Il giurista antoniniano giustifica pienamente, nel paragrafo
precedente 662 , la tutela impuberum, rispondente alla
naturalis ratio, ma, di contro, denuncia la speciosità e
l’invalidità di quella comunemente addotta a spiegazione
della sottoposizione delle mulieres puberi a tutela. La
leggerezza d’animo che rende le donne facilmente
ingannabili, costituiva il motivo per cui era equo che
fossero guidate dall’auctoritas del tutore, ma, ormai, nel II
d.C., Gaio ne denuncia la speciosità; l’argomento del
giureconsulto si fonda sul fatto che le donne trattavano in
modo autonomo i loro affari ed in alcuni casi il tutore
662 Gai.1,189: Sed inpuberes quidem in tutela esse omnium
civitatium iure contingit, quia id naturali ratione conveniens est, ut
is qui perfectae aetatis non sit, alterius tutela regatur.
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