pater familias

legittimi 521 . Questi uomini, in buona sostanza, erano
interessati alla tutela della persona e delle ricchezze
dell’ereditiera.
Le pressioni di natura successoria esercitate dai sedicenti
gentiles si basavano sul fatto che il padre della giovane
aveva contratto coemptio cum uxore 522 dopo la redazione
del testamento, creando così una nuova successibile ab
intestato. Tale circostanza era innegabile ed idonea a
rendere inoperante il testamento; Turia, in effetti, non
ribatté nulla in merito, ma prese una posizione netta,
dichiarando che il testamento del padre era valido e di
essere intenzionata a rispettare le ultime volontà paterne 523
anche nel caso in cui non fosse riuscita ad avere ragione,
dividendo l’eredità con la sorella 524 . Il “colpo di scena” è
la dimostrazione, estremamente efficace, che la donna
riuscì a dare dell’infondatezza giuridica della relazione di
gentilità, che avrebbe dovuto legarla ai suoi avversari:
Turia negò che gli stessi facessero parte della sua stessa
gens, sapendo che gli impostori non avrebbero potuto
provare il contrario 525 . Alla l. 22, infatti, si legge “neque
enim familia[e] gens ulla probari poterat” che
521 Vd. ll. da 13 a 16.
522 Vd. l. 14.
523 Per ACCARIAS C. (, Prècis de Droit Romain, cit., 424 nt.1)
Turia difese la validità del testamento, consapevole che in questo
modo Le sarebbe spettata una sola parte dell’eredità, perché volle
sfuggire alla tutela legittima. AUDIBERT A.(, Étude sur l’histoire
du droit romain, v. 1, La folie et la prodigalitè, Paris 1892, 111)
sottolinea, conformemente a quanto si legge nell’epigrafe, che la
donna difese il testamento paterno, anche se non le era favorevole,
per rispettare la volontà paterna.
524 Vd. ll. da 18 a 21.
525 Vd. ll. da 21 a 24.
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