pater familias

ad opera dell’imperatore Claudio 438 . Nel I d.C. i legami
agnatizi si erano ormai affievoliti e non si sentiva più la
necessità di conservare l’unità del patrimonio agnatizio.
Alla luce dei consolidati cambiamenti sociali, nel II d.C. ci
si accorse dell’inutilità dell’istituto in esame e il senato
decretò che la donna avrebbe potuto testare con il
consenso del tutor, anche se apparteneva a una familia,
senza ulteriori condizioni. Secondo Volterra 439 non si fece
altro che ufficializzare una prassi già in vigore, ma non si
hanno certezze in tal senso. In avanzata epoca classica,
quindi, il testamento era considerato alla stregua di
qualsiasi altro atto di straordinaria amministrazione, che,
in quanto tale, poteva e doveva essere posto in essere con
il consenso congiunto della donna e del tutor.
Non a caso è ancora Gaio, che, riferendosi chiaramente
alla sua epoca, mette in rilievo i vantaggi conseguiti dalla
donna in materia testamentaria:
Gai.1,113: Videntur ergo melioris condicionis esse
feminae quam masculi: nam masculus minor annorum
XIV testamentum facere non potest, etiamsi tutore
auctore testamentum facere velit, femina vero potest:
nam statim ut maior est ? XII annorum testamenti
faciundi ius nanciscitur.
Le donne ottenevano il ius testamenti faciundi, anche se
condizionato dalla auctoritas tutoris, due anni prima degli
uomini, i quali raggiungevano l’età pubere, e, con essa, il
diritto di far testamento, con il quattordicesimo anno d’età.
Gaio sottolinea questo aspetto, probabilmente perché si
438 Gai. 1,157, 171 e Tit. ex corp. Ulp., 11,8.
439 VOLTERRA E., Sulla capacità, cit., 83 nt.18 e 85. Così anche
ZANNINI P., Studi, I, cit., 166.
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