pater familias

temporaneamente, sotto il potere del coemptionator-
fiduciario e i suoi beni la seguivano 396 .
La coemptio fiduciaria, però, era stata escogitata a
vantaggio della donna, che volesse una maggior autonomia
nel disporre dei propri beni, perciò doveva esserle
garantita la restituzione del suo patrimonio in breve tempo.
L’istituto era fiduciario, non solo a causa della
collaborazione instauratasi fra la donna e due uomini di
sua fiducia, ma anche, probabilmente, perchè, anche se
Gaio non lo specifica, il coemptionator e il manumissor si
impegnavano con un pactum fiduciae 397 a restituire alla
donna lo status di sui iuris e i suoi beni 398 .
Messina, come già accennato supra, pensa, al contrario,
che il trasferimento del patrimonio muliebre dalla donna al
coemptionator fiduciario non avvenisse; perciò non
aderisce alla tesi del patto fiduciario, anche perché, a suo
parere, sarebbe stato una debole garanzia per la mulier
coempta. Infatti, nel caso in cui il coemptionator fiduciario
non si fosse dimostrato fidato, la donna avrebbe potuto
agire contro di lui, in virtù del pactum, con l’actio
fiduciae: un’azione in personam che non le assicurava di
recupearare il suo patrimonio. Quindi la mulier rischiava,
così, di non vedere realizzate le sue aspirazioni verso una
396 Con la mancipatio, in effetti, la donna sui iuris alienava se
stessa e il suo patrimonio. Così ASTOLFI R., Il matrimonio, cit.,
264.
397 GAUDEMET, Observations sur la manus, cit., 337 s. e 350;
VOLTERRA, Nuove ricerche, cit., 311s.
398 SCHUPFER (La famiglia secondo il diritto romano, cit., 109 s)
crede che, nel caso in cui il coemptionator fosse un terzo il pactum
fiduciae dovesse servire per liberare la donna dalla manus ma non
a garanzia della restituzione dei beni: infatti i beni stessi non
sarebbero stati trasferiti al titolare della manus perché non l’aveva
ricevuta ut uxorem.
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