pater familias

avevano, presumibilmente, un patrimonio uguale o
maggiore a 100.000 denari 499 , al punto che si pensò di far
pagare loro le tasse.
Tale calcolo deriva dal fatto che i triumviri, dopo avere
ridotto il numero di donne da sottoporre a contribuzione da
1.400 a 400, contestualmente, per colmare la differenza di
denaro, obbligarono gli uomini aventi un patrimonio da
almeno 100.000 denari a versare la tassa: perciò è
plausibile che le donne sottoposte a contribuzione fossero
anch’esse proprietarie di ricchezze di tale ammontare,
essendo uomini e donne interessati da un unico
provvedimento 500 .
In quell’epoca l’istituto della conventio in manu
matrimonii causa era ormai decaduto ed era prevalente il
matrimonio sine manu. Peppe riassume la casistica della
situazione patrimoniale delle donne in età repubblicana. La
mulier, se era nubile o vedova, aveva un patrimonio
personale solo se priva di pater familias o, se lo stesso era
in vita, solamente nel caso in cui il medesimo la avesse
emancipata. La donna sposata, se non aveva ascendenti
maschi, poteva avere un patrimonio personale, ma la dote
rientrava nel patrimonio del marito, mentre, se la stessa era
ancora assoggettata alla patria potestas era titolare di
un’aspettativa ereditaria. 501
Le matrone protagoniste della vicenda de qua, come detto,
erano donne sui iuris e la maggior parte di esse erano le
vedove di coloro che avevano subito le proscrizioni; in
merito al tema delle doti, che per regola entravano a far
parte del patrimonio personale del marito, Ortensia non
499
CANTARELLA E., Passato prossimo, cit., 96; PEPPE L.,
Posizione giuridica, cit., 26.
500
PEPPE L. Posizione giuridica, cit., 25.
501
PEPPE L. Posizione giuridica, cit., 28s.
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