pater familias

fonti riguardanti la tutela decretale ed il suo concreto
operare, sostiene che nemmeno questa particolare
applicazione dell’istituto fu atta a proteggere la donna 305 ,
motivo per cui la tutela mulierum e quella impuberum
devono essere considerate come distinte e non come due
esplicazioni di uno stesso istituto.
Chi scrive concorda con queste considerazioni. Infatti, la
tutela mulierum decretale non fu introdotta per la necessità
della donna di essere protetta, dato che l’incapacità d’agire
della mulier non aveva cause naturali come per il pupillo e
la pupilla, ma le fu, invece, per così dire, imposta
dall’ordinamento giuridico. Dopo l’introduzione della
nomina magistratuale del tutore la tutela pupillare mutò
gradualmente la sua funzione da potestativa ad
assistenziale, mentre per le donne titolari di un patrimonio
l’istituto tutelare fu sempre solo una restrizione
all’autonomia negoziale, legata, come si è già avuto modo
di osservare, alla struttura dell’antico ius civile ed alle
esigenze socio-economiche dell’epoca antica.
A conferma di quanto sostenuto si ripropone una più
attenta analisi del seguente passo del Digesto:
D.26,1,1pr. (Paulus, libro trigesimo octavo ad
edictum): Tutela est, ut Servius definit, vis ac potestas
in capite libero ad tuendum eum, qui propter aetatem
sua sponte se defendere nequit, iure civili data ac
permissa.
In questo frammento Paolo riferisce il pensiero di Servio
Sulpicio Rufo, contemporaneo di Cicerone, il quale
considera la tutela come un istituto ancora potestativo, ma
inserisce nella sua definizione anche l’elemento protettivo.
305 ZANNINI P., Studi, II, cit., 117.
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