pater familias

Secondo De Visscher, in un primo periodo, l’istituzione
d’erede escludeva la tutela legittima anche se disposta a
favore dell’impubere, ma l’autore ipotizza che, in tal caso,
fosse obbligatoria e indispensabile la datio tutoris
testamentaria; i comizi controllavano che ciò avvenisse. Il
romanista belga tenta di aggirare in questo modo l’ostacolo
costituito dal seguente frammento paolino riportato nel
Digesto:
D.26,4,6 (Paulus, libro trigesimo octavo ad edictum):
Intestato parente mortuo adgnatis defertur tutela.
Intestatus autem videtur non tantum is qui testamentum
non fecit, sed et is qui testamento liberis suis tutores
non dedit: quantum enim ad tutelam pertinet, intestatus
est.
Nel passo il giureconsulto esplica che era da considerarsi
“intestatus” in merito alla tutela il testatore che ometteva
la datio tutoris e che in tal caso la tutela medesima
spettava agli agnati e ai gentili. Secondo De Visscher, ma è
lui stesso a scrivere che si tratta di un’ipotesi, la regola
riportata da Paolo è stata introdotta, non a partire
dall’epoca dell’emanazione delle XII tavole ma in un
momento successivo, quando il testamentum per aes et
libram iniziò ad essere largamente utilizzato e in assenza
del controllo comiziale si moltiplicarono i casi in cui il
pater ometteva di provvedere alla scelta di un tutor
testamentarius per i propri eredi impuberi; la
giurisprudenza, per risolvere il problema, ricorse
all’interpretazione artificiale del termine intestatus scelta
poi da Paulus nel suo commentarium ad edictum e fu da
allora, e non prima, che entrò in vigore quanto insegnato
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