pater familias

partituram della l.20 è un indizio piuttosto debole visto e
considerato che si riferisce non al caso dell’esecuzione
delle disposizioni testamentarie ma all’opposto evento
della rottura del testamento; Piro aggiunge una perplessità
in merito al fatto che con la caduta del testamento il legato
avrebbe seguito la stessa sorte dell’atto che lo conteneva.
Tali rilievi sono accolti da chi scrive. La natura
fedecommissaria 543 del lascito in favore della sorella è
maggiormente compatibile con il contenuto dell’epigrafe,
poiché tale disposizione poteva essere attuata a prescindere
dalla natura della successione che si sarebbe aperta dopo la
morte del pater familias, se si considera che la figlia
minore sarebbe stata in ogni caso heres e depositaria della
volontà paterna. Turia, in effetti, dichiarò di volersi
obbligare ad eseguire la voluntas patris anche in caso di
rottura del testamento. Il fedecommesso, anche se non era
vincolante giuridicamente a quel tempo, era riconosciuto
dalla prassi e avrebbe avuto una valida efficacia dissuasiva
nei riguardi dei tutori legittimi, i quali difficilmente si
sarebbero opposti all’esecuzione del fedecommesso
medesimo. Il vinculum fidei fra Turia e il padre defunto
avrebbe inibito anche gli ambiziosi gentiles dal porvi veto,
poiché, in caso contrario, gli stessi si sarebbero esposti alla
disapprovazione sociale. Probabilmente, consapevoli di
questo vincolo, cercarono di “ingannare” a priori Turia,
convincendola che con l’apertura della successione
legittima alla sorella non sarebbe spettato nulla perché
AUDIBERT A., Étude sur l’histoire du Droit Romain, cit., 110;
ARANGIO-RUIZ V., Il caso giuridico, cit., 12 [= Studi epigrafici
e papirologici, cit., 167]; VAN OVEN J.C., Laudatio Turiae, 1. 13-
26, cit., 376 e nt.8; STORONI MAZZOLANI L., Una moglie, cit.,
28.
543 PETIT, La laudatio de Turia, in Ann. de Droit de Louvain 6
(1937-38), 506 ss.
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