pater familias

ischio di una vendetta privata, ma per poter fare un nuovo
testamento da ingenua, poiché, a suo parere, l’atto di
ultima volontà redatto precedentemente, da liberta, poteva,
una volta cambiato lo status della donna, essere attaccato
sul piano formale 355 . Mi pare, però, che prevedere minacce
per l’incolumità di Fecenia da parte della sua gens non sia
inverosimile: i consoli e i pretori, per loro e per quelli
futuri, si erano impegnati a difendere l’onore e la sicurezza
di Ispala, ma il loro compito era stato reso più semplice
dalle misure della capitis deminutio, gentis enuptio e
tutoris optio, grazie a cui i magistrati intesero evitare che
la donna fosse sottoposta al potere di qualcuno che potesse
farle del male. Non credo, tuttavia, che i privilegi concessi
ad Ispala abbiano modificato il suo status facendola
divenire un’ingenua: la donna rimase una liberta anche se
la sua condizione personale era privilegiata, poiché era
l’unica schiava liberata e meretrix, che, avrebbe potuto
contrarre un iustum matrimonium con un ingenuo ed era la
sola donna a cui era stato dato il diritto di scegliere il
tutore tramite un provvedimento magistratuale e popolare.
Vista la condizione libertina di Ispala Fecenia il suo
testamento, redatto tutore auctore, rimase valido e se volle
modificarlo lo fece con l’affiancamento del tutore da lei
scelto.
Astolfi 356 si distanzia da entrambe le ricostruzioni
dottrinarie più recenti e torna a dar credito alla tesi
tradizionale che, come sopraccennato, ha dato valenza
patrimoniale a deminutio e datio; egli pensa che i premi
avessero dato ad Ispala piena capacità d’agire; perciò è
355
PEPPE L., Posizione giuridica e ruolo sociale della donna
romana, cit., 64 s.
356
ASTOLFI R., Il matrimonio nel diritto romano preclassico, cit.,
56 s.
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