pater familias

disposizione che la donna avrebbe, dunque, potuto
compiere validamente solo con il suo consenso 158 ; tuttavia
la donna amministrava da sé il proprio
, a differenza dei pupilli,
patrimonio159
. La mulier, in effetti, compiva personalmente i
singoli atti giuridici con l’approvazione del tutore 160 , anche
se non tutta la dottrina è d’accordo su questo punto. Mi
riferisco in particolare al recente lavoro di Casado
Candelas 161 , la quale sostiene che, per il diritto più antico,
la disciplina della tutela muliebre fosse in tutto identica a
quella del corrispondente istituto pupillare; quindi,
secondo l’autrice, erano previsti la negotiorum gestio e il
relativo regime di responsabilità anche in capo al tutore
muliebre. A ciò si può obiettare che, nei primi secoli,
anche la tutela dell’età non prevedeva queste funzioni per
il tutor; tant’è vero che la madre, la quale si occupava
anche dell’educazione dei fanciulli, amministrava il suo
patrimonio ed anche quello dei suoi figli impuberi, fino a
quando la Lex Atilia decretò, innovando, che il tutore
assumesse obbligatoriamente anche l’incarico di gestire le
sostanze pupillari, con la conseguente introduzione
dell’actio tutelae: questa era un’azione di rendiconto
diretta e contraria, il cui presupposto era, da parte del
tutore, l’effettiva amministrazione del patrimonio del
minore. L’azione era esperibile contro il tutore inerte o che
avesse posto in essere una cattiva amministrazione. Poteva
agire in giudizio con l’actio directa l’ex pupillo, una volta
raggiunta la pubertà, o il nuovo tutore, quando il
precedente avesse cessato l’ufficio prima che il minore
158
BONFANTE P., Corso di diritto romano. I. cit., 561.
159
ZANNINI P., Studi sulla tutela mulierum, I, cit., 58 e 74 ss.
160
La figura della donna è simile a quella del pupillus pubertati
proximus.
161
CASADO CANDELAS M., La tutela de la mujer en Roma, cit.,
69 ss
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