pater familias

per la pietas in sororem (l. 26) dimostrata con l’efficace
difesa del testamento paterno.
È evidente che la sorella di Turia avrebbe subito, come il
laudator, uno svantaggio dal venir meno dell’atto di ultima
volontà paterna. Certo, Turia, determinata a rispettare le
disposizioni paterne, dichiarò, come riferito alle ll. 20 s.,
che, anche nel caso in cui non fosse riuscita ad avere
ragione, avrebbe diviso i beni ereditati con la sorella, ma lo
fece nel suo discorso contro le affermazioni dei veniali e
presunti gentili. Van Oven crede che Turia fosse
intenzionata a dividere i beni aviti anche con il marito per
tutare caussam communem 534 . Si aggiunga che nessun
elemento può indurci a pensare che, dopo la rottura del
testamento, la quota della sorella si sarebbe accresciuta; al
contrario, venuto meno il legato, l’elargizione di Turia
destinata alla medesima avrebbe assunto la veste di una
donazione, che, senz’altro, non sarebbe stata autorizzata
dai suoi nuovi tutori legittimi con la conseguente effettiva
esclusione della sorella da ogni beneficio ereditario.
L’autore succitato 535 è l’unico ad aver ipotizzato un quadro
fattuale del tutto diverso da quello creato dalla dottrina
dominante: lo stesso, in effetti, si è convinto, alla luce
delle osservazioni riferite supra, che la soror laudatae non
sia stata coinvolta nei raggiri atti ad ottenere
l’eliminazione del testamento de quo, ma che ad essere
state sottoposte a pressioni siano state le donne vicine a
Turia e, in primis, colei che la ospitò nel periodo in cui
attese il ritorno del fidanzato. Van Oven si persuade, per
rendere verosimile la sua teoria, che ad aver ospitato la
534 Vd. l. 18.
535 VAN OVEN J. C., Laudatio Turiae, cit., 377 ss.
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