pater familias

una conferma da parte del magistrato dell’avvenuta scelta.
Rudorff precisa, inoltre, che ai tempi in cui fu istituita
l’optio tutoris non era ancora stata introdotta la
confirmatio. Solazzi 336 obietta che, senza intervento
magistratuale, non ci sarebbe stato alcun controllo del
rispetto, da parte della donna, del tenore del beneficio
accordatole, ciò anche a garanzia dei terzi contraenti:
l’autore si chiede che cosa impedisse alla donna con optio
plena di farsi affiancare invece che da un uomo affidabile
da “un pazzo o poco di buono”. In merito a quest’ultima
affermazione escludo subito che la donna scegliesse di
affiancarsi un incapace, perché il medesimo non avrebbe
potuto prestare il consenso che le serviva agli atti;
escluderei anche che potesse scegliere consapevolmente
un uomo disonesto, poichè non avrebbe goduto della sua
fiducia: non dimentichiamo che l’obiettivo della mulier
era, nella normalità dei casi, quello di disporre utilmente
del suo patrimonio, lo stesso scopo che si era prefissato il
marito testatore, beneficiandola con l’optio.
Quanto evidenziato da Solazzi, comunque, non va
trascurato, soprattutto se consideriamo, come fa l’autore,
anche il caso in cui il testatore avesse limitato il numero di
scelte del tutore tramite optio angusta: sarebbe stato, in
effetti, necessario verificare che la donna avesse rispettato
la portata del beneficio concessole. In assenza di
testimonianze delle fonti Solazzi ha ritenuto che la
questione fosse stata affrontata e risolta, procedendo ad
una pubblica certificazione dell’optio avvenuta. Egli
ritiene, cioè, che il tutor optivus fosse dato dal magistrato,
336 SOLAZZI S., Il consenso del “tutor mulieris” alla sua nomina
nei papiri e nei testi romani, cit.,174 e nt. 1 (= Scritti, II, cit., 417 e
nt. 36).
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