pater familias

sono studiati nel § 153” e “ evidentemente chi ha la facoltà
di optare vel in omnes res vel in unam, può farlo per due,
tre ecc…”; quindi il contenuto della frase, a suo parere,
sarebbe sospetto. Zannini 330 , con ragione, ribatte che, gli
esempi numerici e le ripetizioni di contenuto, anche se
superflui, servivano, probabilmente, per aiutare la
comprensione e la memorizzazione dei lettori di quello
che, non dimentichiamoci, era un manuale per lo studio dei
giuristi in erba. Si noti, inoltre, che anche gli effetti
dell’optio angusta sono spiegati sia in Gai.1,152 che nel
paragrafo successivo. Solazzi, pur riconoscendo
l’impossibilità di giungere a una soluzione sicura,
conclude che, indipendentemente dall’attribuzione del
frammento a Gaio o ad un glossatore, la postilla de qua
conferma la possibilità di scegliere il tutore anche ad
actum, facoltà sottintesa anche nel § 153 dove si legge che
la donna poteva esercitare l’opzione per un numero
illimitato di volte.
Astolfi 331 , a sua volta, interpreta diversamente vel in omnes
res vel in unam forte aut duas: anche se la donna aveva
scelta piena, a parere dell’autore, il marito poteva stabilire
a priori che l’optio riguardasse tutto il patrimonio muliebre
(vel in omnes res) o solo alcuni dei beni (vel in unam forte
aut duas), che erano, così, sottratti al controllo del tutore
nominato dal marito per essere sottoposti all’auctoritas di
chi la donna volesse. Tuttavia a me pare che il testo di
Gaio non si presti a una simile interpretazione. Basterebbe
considerare la generica formula dell’optio plena, che non
prevede restrizioni dello ius optandi. Il dettato di
Gai.1,153, inoltre, aiuta a capire il vero significato del
330 Cfr. ZANNINI P., Studi sulla tutela, II, cit., nt. 26 p.81.
331 ASTOLFI R., Il matrimonio nel diritto romano preclassico, ed.
1, Padova 2000, 358.
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