pater familias

praecedentibus et hereditatem admittentibus ceteri
gradus remanent penitus semoti.
Tralasciando di commentare le affermazioni di stampo
filosofico e religioso in tema di uguaglianza tra uomini e
donne del principium 473 , si osserva che la Costituzione
riprende il contenuto dei paragrafi istituzionali,
enfatizzandolo (§ 2 e 3) con domande retoriche
spiccatamente critiche nei confronti delle discriminazioni
successorie previste per le donne, fino a sancire, nel
paragrafo 6, l’equiparazione successoria di agnati e
agnatae, dando la posizione di legitimi, anche ai cognati
proximi. Ci si sofferma, soprattutto, ai nostri fini,
sull’accenno in § 1 alla giurisprudenza: Giustiniano
riferisce che la sua fonte è Giulio Paolo, il quale, nel suo
liber singularis ad senatus consultum Tertullianum, definì,
molto chiaramente, non piam la differentiam apportata
dalla posteritas in ambito successorio, ricorrendo ad una
nimia subtilitas.
Il riferimento al pensiero di Paolo nel Codex da credito alla
voconiana ratione, citata nelle sentenze paoline, come
principio ispiratore dell’esclusione dall’hereditas legitima
delle agnate oltre il grado dei consanguinei escogitata dalla
media iurisprudentia, il cui intervento è databile appena
dopo la lex Voconia. Ad ulteriore prova dell’inesistenza
dello sbarramento successorio in esame per l’epoca
risalente, il giurista severiano, sempre nelle Sentenze,
riconduce, con molta chiarezza, all’interpretazione dei
473 Riportato a p. 53.
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