pater familias

muliebre o il conseguimento di un’eredità impoverita dalla
vendita delle cose di maggior pregio ( pretiosiores) e dai
debiti contratti.
Già Servio Sulpicio Rufo aveva descritto la tutela come
vis, in una definizione attribuitagli da Paolo:
D.26.1.1pr. (Paulus, libro trigesimo octavo ad
edictum): Tutela est, ut Servius definit, vis ac potestas
in capite libero… 84
La tutela era un potere su una persona libera, da intendersi
come sui iuris. Quindi, anche se è innegabile che l’istituto
tutelare sia nato ex lege con il fine di salvaguardare gli
interessi patrimoniali della famiglia agnatizia, avendo, per
tale motivo, un carattere di potere (vis ac potestas nella
definizione di Servio e vis in Gai.1,192) sulla donna, non
si può escludere, come vorrebbe la communis opinio
tradizionale, che l’istituto sia nato ab antiquo con la
capacità successoria muliebre, come si cercherà di
dimostrare nel seguito della trattazione. Sembra, però, che
le donne, nubili o vedove, rimaste nel gruppo familiare
originario dopo la morte del pater familias, pur con
capacità giuridica e potenziale capacità d’agire, in realtà
fossero in uno stato di subalternità nei confronti degli
uomini della famiglia nell’ambito del consortium ercto
non cito 85 .
84 Paolo prosegue nel passo, scrivendo ad tuendum eum, qui
propter aetatem sua sponte se defendere nequit, iure civili data ac
permissa, perché si sta occupando della tutela dell’impubere.
All’antica e originaria concezione potestativa della tutela si
affianca quella assistenziale, prevalsa a vantaggio dei pupilli dopo
l’introduzione della tutela dativa. Per il contrasto, su questo punto,
in dottrina vd. infra cap.3 § 1.3.
85 Vd. Infra § 6.
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