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SCARICA IL DOC. ALLEGATO : indice_penale_1_2006.pdf

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SAGGI E OPINIONI129mutismo ad oltranza. Che fare in questo caso, si chiede Rusca? Il giudicenon dispone che di due alternative: o non dà seguito alle minacce e rinunciaad emettere la sentenza (vanificando l’utilità delle intimidazioni) ovi dà corso e pronuncia la condanna del reo. È a questo punto che si toccacon mano la fragilità della costruzione: «Quale sarà il delitto, onde si vorràpunire?». Di che cosa l’individuo sarà chiamato a dar conto? «Di ostinazionea non rispondere?». E cosa è mai questa «colpa ancora sconosciuta?»(76 ).L’autore coglie il cuore del problema: la pena non può essere irrogatase non in ragione di un reato commesso e il silenzio non può di certo annoverarsitra le ipotesi di illecito previste dalle legge. Sono gettate le basi diun ribaltamento di prospettiva che induce a non vedere più nell’imputatouna «bestia da confessione»( 77 ).Troppo semplice pensare che d’ora in poi la strada da percorrere sarebbestata tutta in discesa. In realtà, di fronte ad un simile tema, la dottrinaprocede ‘per strappi’, per concessioni e ripensamenti, per arretramentie progressioni( 78 ). Nemmeno i piú insigni esponenti dell’illuminismo<strong>penale</strong> riusciranno ad esprimere sino in fondo, sul punto, la propria caricadirompente.È innegabile che i riformatori settecenteschi determinarono una sferzatadestinata a smuovere l’immobilismo stagnante. Tuttavia la loro autenticabattaglia ‘vincente’ fu quella condotta contro la tortura: il ripudio dell’assurdapretesa che «il dolore divenga crogiuolo di verità, quasi che il criteriodi essa risieda nei muscoli e nelle fibre di un miserabile»( 79 ),comportava di escludere che un uomo potesse essere al contempo accusatoreed accusato. Ma tale valore pacificamente condiviso dai philosophesrispondere (P. Verri, Osservazioni sulla tortura, ed. a cura di G. Barbarisi, Milano 1993, §15, p. 106). Non stupisce pertanto che di identico segno sia la soluzione prospettata da Beccaria,il quale sul brogliaccio delle Osservazioni dell’amico Verri stilò il suo phamplet. Cfr. L.Garlati Giugni, Molto rumore per nulla? L’abolizione della tortura tra cultura universitariae illuminismo giuridico: le Note critiche di Antonio Giudici a Dei delitti e delle pene, in Formareil giurista. Esperienze nell’area lombarda tra Sette e Ottocento, Milano 2004, pp. 274-5 erelative ntt.( 76 ) F. Rusca, Osservazioni cit., p. 31.( 77 ) F. Cordero, Procedura <strong>penale</strong> (2003) cit., p. 25.( 78 ) Carmignani, in un noto passo, bollava come stravagante ed assurda la proposizioneche vede nei mezzi usati per indurre l’imputato a rispondere il vero un attentato abusivo etirannico alla sua libertà di rispondere, con la motivazione che concedere nel giudizio <strong>penale</strong>una libertà illimitata di rispondere a proprio talento finirebbe per «supplantare il diritto d’interrogarenon che quello di avere risposte coerenti alla verità» (G. Carmignani, Teoria cit.,pp. 213-4).( 79 ) C.Beccaria, Dei delitti e delle pene, Edizione nazionale delle Opere di Cesare Beccaria,diretta da L. Firpo e G. Francioni, Milano 1984, § XVI, p. 62.

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