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SCARICA IL DOC. ALLEGATO : indice_penale_1_2006.pdf

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326STUDI E RASSEGNE‘‘chiunque esercita su una persona poteri corrispondenti a quelli del diritto diproprietà ovvero chiunque riduce o mantiene una persona in uno stato di soggezionecontinuativa, costringendola a prestazioni lavorative o sessuali ovveroall’accattonaggio o comunque a prestazioni che ne comportino lo sfruttamento,è punito con la reclusione da otto a venti anni’’. La struttura del primo commadell’art. 600 – analoga, almeno all’apparenza, a quella del primo commadel successivo art. 601 – presenta la giustapposizione di due ipotesi distinte,la prima delle quali delineata in termini più generici rispetto alla seconda:ciò che sta dopo l’«ovvero» è un novero di ipotesi dettagliatamente descritte,che compongono quella che si suole definire una «tipizzazione».Al secondo comma dell’art. 600, il legislatore dettaglia ulteriormente laseconda ipotesi: ‘‘la riduzione o il mantenimento nello stato di soggezione haluogo quando la condotta è attuata mediante violenza, minaccia, inganno,abuso di autorità o approfittamento di una situazione di inferiorità fisica opsichica o di una situazione di necessità, o mediante la dazione di sommedi denaro o di altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona’’.La condotta del soggetto attivo è definita, nel titolo, in modo simmetricoper le due fattispecie: ‘‘riduzione e mantenimento’’. L’esplicita previsionedella condotta di ‘‘mantenimento’’ risponde all’esigenza di superareproblemi interpretativi del passato( 39 ).L’espressione riportata nella prima parte dell’art. 600 primo commanuovo testo corrisponde alla lettera alla nozione di ‘‘condizione analoga allaschiavitù’’ accolta dalle Sezioni Unite della Suprema Corte( 40 ), a sua voltadesunta direttamente dalla nozione di schiavitù fissata nel testo della Convenzionedi Ginevra del 1926. Si noti che, secondo la Corte, era la ‘‘condizioneanaloga’’ alla schiavitù, e non la schiavitù, a identificarsi nel riflesso‘‘effettuale’’ delle previsioni della Convenzione di Ginevra del 1926, e adessere definibile come ‘‘esercizio di attributi del diritto di proprietà’’, poichéla schiavitù era ‘‘stato’’ di diritto, e non ‘‘condizione’’ di fatto. Si assistedunque, per effetto dell’intervento del legislatore, a una peculiare traslazionesemantica: la condizione personale qualificabile, sulla base dell’insegnamentodella Suprema Corte, come ‘‘analoga alla schiavitù’’ è ora definitadal legislatore ‘‘schiavitù’’. Cancellato, con poco rimpianto, il reato di riduzionein stato di schiavitù di diritto (secondo la Corte: riduzione in schiavitù( 39 ) G. Amato, Un nuovo sistema cit., p. 40 ss. Nei Lavori Preparatori si veda l’interventodel Relatore della legge, On. Angela Finocchiaro, la quale, alla seduta del 19 novembre2001, affermava ‘‘questa è la ragione per cui abbiamo scritto nel testo ‘‘riduce o mantiene’’,perché ci riferiamo ad una condotta totalmente soppressiva della libertà personale, che non èsolo quella che si consuma nel momento in cui si riduce un soggetto in schiavitù, ma anchequando, soggetto altro, conoscendo la situazione di schiavitù o servitù, la mantenga a profittoproprio o di altri.( 40 ) Nella sentenza Cass., Sez. Un., 20 novembre 1996, Ceric, cit., p. 713 ss.

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