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318STUDI E RASSEGNEla sentenza 6 agosto 1981 n. 96 con la quale la Corte costituzionale dichiaròl’illegittimità costituzionale del reato di plagio di cui all’art. 603 c.p., nelpresupposto che le condotte di riduzione in ‘‘schiavitù di fatto’’ fosseropreviste e punite dall’art. 600 c.p.( 24 ).La parola fine fu messa dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione. IlS.C. non si attardò sulla definizione di ‘‘schiavitù’’, limitandosi ad ammettereche in essa fosse ‘‘insita una connotazione di diritto’’ e quasi depositandola prima parte dell’art. 600 nel triste limbo delle norme mai applicabiliin concreto( 25 ). Qualificò invece la ‘‘condizione analoga alla schiavitù’’, ritenendola‘‘situazione di fatto identica, quanto al peso che ne subisce chi nesia oggetto, alla condizione materiale dello schiavo, con la sola particolaritàche – a differenza di quest’ultimo – la vittima non può perdere lo stato giuridicodi uomo libero.’’ Una simile situazione di fatto non doveva necessariamentetradursi in una delle ‘‘pratiche sociali’’ della Convenzione supplementaredi Ginevra del 1956, le cui disposizioni ‘‘non esaurivano la virtualitàespansiva della nozione’’ (e non assumevano quindi la funzione di ‘‘elementonormativo’’ della fattispecie( 26 )). In tal modo, secondo la Corte, nonrisultava violato il principio costituzionale di determinatezza, perché, ‘‘es-( 24 ) Corte cost., 8 giugno 1981, cit., p. 748 ss. La Consulta rilevava come la pronunciad’illegittimità dell’art. 603 non generasse un vuoto di tutela <strong>penale</strong>, poiché le condizioni analoghealla schiavitù, richiamate rispettivamente dagli artt. 600 e 602 c.p., non potevano essereintese restrittivamente, sì da comprendere solo ‘‘situazioni di diritto’’. La contraria interpretazionenasceva secondo la Corte da un’errata lettura della Convenzione di Ginevra del1926, nonché della Convenzione supplementare del 1956: fra le ‘‘istituzioni e pratiche analoghealla schiavitù’’, alcune sono condizioni di fatto realizzabili senza alcun atto o fatto normativoche le autorizzi’’, consistendo in situazioni di asservimento della persona umana resesocialmente possibili ‘‘per prassi, tradizione e circostanze ambientali’’. Sul tema v. G. Porco,Schiavitù un fenomeno in trasformazione, inGiust. pen., 1998, c. 733 s.( 25 ) Per una disamina esaustiva e completa, in tema di schiavitù e tratta, nel diritto internazionale,si veda E. Rosi, La tratta di essere umani e il traffico di migranti. Strumenti internazionali,inCass. pen., 2001, p. 1986 ss.; V. Militello, Partecipazione all’organizzazionecriminale e standards internazionali d’incriminazione, inRiv. it. dir. proc. pen., 2003, p. 184ss.; E. Di Francesco, La Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionalee i protocolli aggiuntivi: contenuti e linee evolutive, inGli stranieri, 2000, p. 427ss.; G. Fera, Conferenza per la firma della Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimineorganizzato transnazionale e relativi protocolli, inRiv. pol., 2001, p. 133 ss. Più in generale, econ una impostazione attenta all’evoluzione giurisprudenziale, si veda, F. Spiezia, F.Frezza,N.M.Pace, Il traffico e lo sfruttamento di esseri umani. Primo commento alla legge dimodifica alla normativa in materia di immigrazione ed asilo, Milano, 2002, passim; D. Manzione,La lotta alla tratta degli esseri umani, inLeg. pen., 2004, fasc. 2, p. 327 s.( 26 ) C. Visconti, Riduzione, cit., c. 314 ss. L’A. dà atto dell’esistenza di un orientamentogiurisprudenziale secondo cui la locuzione ‘‘condizioni analoghe alla schiavitù’’ va intesaalla stregua di un elemento normativo di fattispecie che, in quanto tale, rinvia per la determinazionedel suo contenuto ad una fonte esterna alla norma incriminatrice, fonte individuabilenel caso specifico nell’art. 1 della Convenzione supplementare contro laschiavitù del 1956, che contempla una serie di fattispecie concrete rientranti nella nozione

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