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SCARICA IL DOC. ALLEGATO : indice_penale_1_2006.pdf

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144SAGGI E OPINIONIconseguenza poteva attribuirsi al diniego di rispondere. Chi tace non siconfessa reo per questo, ma la sua ostinazione non può arrestare il corsodegli atti( 129 ).Tale norma contiene in sé in forma embrionale l’enunciazione di principidi tutela: la mancata menzione dell’obbligo a rispondere crea indirettamenteun varco per la futura esplicita previsione del diritto a non rispondere.Comincia un’inversione di tendenza, un sovvertimento dei significatidi cui si era nel tempo caricato l’interrogatorio: siamo di fronte ad un’attenuazionedel reus tenetur se detegere che, se ancora non sfocia nel riconoscimentopieno di un diritto al silenzio, impone comunque di guardare all’interrogatoriocome strumento di difesa e al silenzio come ad uno dei possibilimezzi esperibili dall’imputato per presidiare i propri interessi( 130 ).La breve parentesi dell’introduzione nei nostri territori del codice diistruzione criminale francese significò solo sospensione temporanea dellavigenza di tale articolo, non cancellazione della sua validità di principio.Non riuscì a scalfirlo neppure l’altro monolito normativo, il codice austriacodel 1803, entrato in vigore, sia pure in modi e tempi differenziati,nei territori lombardi e veneti all’indomani della Restaurazione e qui rimastovivo fin quasi alle soglie dell’unità. Esso prevedeva una sorta di accanimentonei confronti del ‘muto volontario’, ricorrendo, come extremaratio, ai colpi di bastone( 131 ). Si assiste ad una sorta di escalation per ciò( 129 ) Ammoniva tuttavia Giuriati, a commento dell’art. 215 del codice sardo del 1847,che tale tipo di disciplina faceva sì che le prove e gli indizi a carico conservassero nella mentedei giudici tutta la loro forza, poiché l’imputato non si prestava a combatterli, sebbene invitatoa farlo. L’istruttore doveva avvertire il renitente delle conseguenze della sua condotta,ma non poteva uscire dai confini di una decorosa esortazione. Più severa la valutazione disimulata pazzia, sordomutismo, idiotismo o altra forma invalidante: le finzioni messe in attonel corso del processo finivano per porre in sinistra luce la moralità del soggetto, contribuendoa qualificarlo idoneo a delinquere (D. Giuriati, Commento teorico-pratico al Codice diprocedura criminale degli stati sardi con le leggi posteriori e le sentenze dei magistrati di cassazione,Torino 1853, p. 201).( 130 ) Esprime una posizione diversa Giarda, che insiste in particolare sul fatto che ilsistema processuale delineato dal codice del 1807 fosse comunque proteso a cercare la collaborazionedell’imputato, ravvisando nell’ammonimento a rispondere non una clausola distile, ma una formula carica di velati avvertimenti. Ritengo corretto tener conto di circostanzeche denotano come certi legami fossero stati purtroppo mantenuti (sono parole dell’autore),ma penso sia altresì giusto guardare all’esperienza storica contestualizzandola, nongià con il metro dell’oggi, ma del momento contingente in cui i fenomeni si manifestano.E certamente, rispetto alla normativa e alla prassi immediatamente antecedente (anzi, si potrebbedire rispetto alla ‘attualità’ del momento), il codice lombardo rappresentava un tentativodi superamento, grazie ad un impianto processuale con larghe ‘aperture libertarie’, comel’autore stesso è disposto a riconoscere (A. Giarda, «Persistendo il reo» cit., p. 85).( 131 ) Si tratta di un ‘rimedio’ di cui si trovano tracce frequenti lungo l’intero codice.Volta per volta le bastonate vengono usate come strumento di esacerbazione, o pena da infliggere,in via commutativa, nei confronti di chi, condannato al carcere, non era in grado discontarlo se non con grave e irreparabile pregiudizio economico per la famiglia, o ancora da

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