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SCARICA IL DOC. ALLEGATO : indice_penale_1_2006.pdf

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232SAGGI E OPINIONIderent» fu stabilito un certo spazio di tempo, dapprima brevissimo poi gradatamentepiù lungo ma sempre limitato e perentorio, entro il quale fossepossibile appellare, scaduto il quale, scattava il giudicato che metteva fineper sempre alla lite giudiziaria. Dunque solo la sentenza, ‘‘pronunciatio jiudicis’’,definitiva e che non poteva essere appellata o per la quale era scadutoil dies appellationis poteva produrre l’intangibilità della res iudicata.«Addictos supplicio et pro criminum immanicate damnatus, nulli per vim utqueusurpationem vindicare liceat ac tenere. Quibus in causa criminali humanitatisconsideratione si tempora suffragantur interponendae provocationiscopiam non negamus, ut ubi diligentius examinetur ubi contra hominis salutemper errorem vel gratiam cognitoris oppressa putatur esse justitia»( 7 ).Caduto l’impero romano d’occidente, durante il regno longobardo,venne dimenticato l’istituto della ‘‘res judicata’’. La procedura criminalebarbarica differiva profondamente da quella romana. Il processo <strong>penale</strong>longobardo si incentrava principalmente sul ‘‘iudicium Dei’’, l’ordalia. Essaera una sorta di prova giudiziaria letale, tramite la quale si chiedeva l’interventodivino, perché si pronunciasse a favore di chi avesse ragione. Se l’accusatone usciva incolume, si diceva che la divinità era intervenuta per proteggereun innocente; se invece soccombeva, lo si considerava colpevole. Inquesta epoca, il valore del giudicato era totalmente assoluto e troncava, nelmodo più intransigente, ogni ulteriore questione di colpevolezza; poiché ladivinità si era espressa a nessuno, giudice o parte, doveva essere dato il poteredi mettere in discussione il giudizio da essa emanato. Dunque l’intangibilitàdel giudicato si fondava non su una base giuridica, bensì sulla ciecaignoranza e sulla superstizione, dimenticando secoli di raffinate riflessionidella dottrina romana sull’istituto della ‘‘res iudicata’’.Nel periodo carolingio, l’intangibilità del giudicato <strong>penale</strong> era riconosciuta,ma il concetto che racchiudeva era molto diverso da quello romano.Affinché il giudicato potesse costituirsi era necessario che le parti lo accettassero.Esse potevano anche non accettarlo, ma allora dovevano accusarlodi falsità ‘‘blasfemare iudicium’’, altrimenti sarebbero stati imprigionati inattesa che si pronunciassero in un senso o nell’altro. «De clamatoribusvel caudicis qui nec iudicium scabinorum adquiescere nec blasfemare volunt,antiqua consuetudo servetur id est ut in custodia recludantur donec unum edoubus faciant. Et si ad palatium pro hac re reclamaverint et litteras detulerint,non quidem eis credantur nec tamen in carcere ponantur sed cum custodiaet cum ipsis litteris pariter ad palatium nostrum remittantur, ut ibi discuntiantursicut dignum est»( 8 ). Dunque, in mancanza di una denunciadi falsità del giudizio, si adoperavano mezzi di coazione al fine di strappar( 7 ) Arcadio eOnorio, impp., l. 29, Cod. de appell. et cons., VII, 62.( 8 ) Ansegiso, Capitularium, de clamatoribus et causidicis, III, 7.

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