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SCARICA IL DOC. ALLEGATO : indice_penale_1_2006.pdf

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332STUDI E RASSEGNEcare l’essere umano come un ‘‘bene’’, o almeno, per così dire, come un ‘‘benedi fatto’’, non compreso nelle previsioni degli articoli 810 e 812 c.c. soloperché non può ‘‘formare oggetto di diritti’’, quindi solo per l’assenza diuna connotazione giuridica, non per differenze riscontrabili sul piano naturalistico.I veri problemi nascono quando si tenta di trasporre nelle applicazioniconcrete della norma i ‘‘poteri di fatto’’ dell’uomo che si comporti comeproprietario dell’uomo, ricavandoli dai ‘‘diritti’’ del proprietario: il dirittodi ‘‘godere’’ e il diritto di ‘‘disporre’’ del bene in modo ‘‘pieno ed esclusivo’’(art.832 c.c.). Quanto al potere di ‘‘godere’’ il problema è che, interpretandoalla lettera la norma, se ne estende l’ambito di applicazione in guisa taleda valicare ampiamente i limiti dell’assurdo. Quanto al potere di ‘‘disporre’’,la difficoltà consiste nell’individuare quando un determinato comportamentodel soggetto attivo possa essere qualificato come ‘‘corrispondente’’(possessorio o di fatto) di un atto di disposizione giuridica che per l’ordinamentostatale non esiste, perché l’essere umano non può essere comprato,né venduto, né ceduto.I requisiti di ‘‘pienezza’’ ed ‘‘esclusività’’ nel godimento di un benepossono essere propriamente riferiti alla configurazione giuridica del dirittodi proprietà, mentre, se l’esercizio del possesso si scompone nell’eserciziodei singoli ‘‘poteri’’ nel quale esso si sostanzia, ci si trova di fronte a singoleforme di ‘‘uso’’ che, prese singolarmente, non comportano ‘‘dominio’’e neppure ‘‘soggezione’’. Riferite all’essere umano, singole forme di ‘‘godimento’’e di ‘‘uso’’ sono proprie di alcune fra le più comuni e ‘‘fisiologiche’’relazioni sociali. Se ‘‘godere’’ del bene-essere umano significa usufruire dellasua persona, del suo lavoro, delle sue energie fisiche, delle sue potenzialitàintellettuali, è evidente che l’esercizio di uno o più ‘‘poteri corrispondenti’’al ‘‘diritto di godimento’’ teoricamente spettante all’ipotetico proprietariodel bene-essere umano in molti casi è, e non può che restare, pienamentelecito: a rigore, anche chi assume una persona alle proprie dipendenzeesercita sul dipendente lo ius utendi, e quindi ‘‘poteri corrispondentia quelli del diritto di proprietà’’, in quanto dispone del tempo e delle energiedel lavoratore subordinato( 52 ).( 52 ) In dottrina, si veda, V. Musacchio, La nuova normativa <strong>penale</strong>, cit., p. 2448, secondoquesto Autore l’art. 600 c.p. potrebbe applicarsi al datore di lavoro che ‘‘approfittidella situazione di necessità in cui si può trovare una persona che non può rivolgersi a nessunoper avere un aiuto (per esempio, un immigrato clandestino) e che, di fatto, è costrettaad accettare qualsiasi condizione di lavoro per sopravvivere, ottenendo in cambio di prestazionidi lavoro massacranti e precarie solo la promessa di un’inesistente possibilità di regolarizzazione,un modesto peculio per l’acquisto di cibo e la possibilità di dormire nel cantiere’’.La tesi è però riferita alla fattispecie della riduzione in servitù, che presenta come elementoessenziale lo sfruttamento continuativo della persona offesa. A rigore, invece, ildatore di lavoro esercita comunque un potere corrispondente al diritto di proprietà, e più

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