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SCARICA IL DOC. ALLEGATO : indice_penale_1_2006.pdf

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98SAGGI E OPINIONImodelli alle singole realtà aziendali – che variano per forma giuridica, tipodi attività, dimensioni – e di procedere celermente agli aggiornamenti che sirendessero necessari, evitando gli ingessamenti e le rigidità che possono derivareda un’insieme chiuso di prescrizioni( 237 ).6. I limiti del d. lgs. n. 231/2001: il catalogo dei reatiPer quanto concerne i difetti e le aporie che affliggono il d. lgs. n. 231/2001, oltre alle insufficienza viste sopra, inerenti i criteri di attribuzionedella responsabilità, il limite principale della disciplina è stato individuatonella esiguità del catalogo dei reati per cui è prevista la responsabilità amministrativadell’ente.Il legislatore delegato ha compiuto infatti, anche sulla scorta della fortipressioni esercitate da Confindustria( 238 ), una scelta minimalista( 239 ), pre-( 237 ) In senso contrario v. G. De Vero, Struttura e natura giuridica, op. cit., 1146, secondocui le norme organizzative dirette alla neutralizzazione del rischio-reato all’internodelle imprese «dovrebbero essere contenute in atti normativi legislativi o regolamentari,che delineino un corpus tendenzialmente esaustivo di disposizioni intese ad evitare che nell’eserciziodi attività lecite si commettano determinati reati portatori di particolare pregiudiziosociale»; D. Pulitanó, op. ult. cit., 436, il quale – partendo dal presupposto che sia contraddittoriodesumere tout court il contenuto delle regole cautelari da inserire nei modelliorganizzativi da quella stessa prassi che la regola ha il compito di orientare – auspica unatipizzazione legislativa quanto più precisa ed esaustiva delle regole cautelari. Tale proposta,tuttavia, anche a voler soprassedere sui gravi guasti che determinerebbe una soluzione cosìrigida, appare del tutto irrealizzabile dal punto di vista pratico, a causa dell’impossibilità peril legislatore di individuare tutte le regole cautelari esistenti in materia di prevenzione del rischio-reato.( 238 ) Le reali e poco nobili ragioni che hanno determinato lo sfoltimento del catalogodei reati ad opera del legislatore delegato sono ben illustrate da C. Piergallini, La disciplina,op. cit., 1355 s.; Id., Societas delinquere et puniri non potest : la fine tardiva di un dogma,op. cit., 585 s.( 239 ) Il Governo ha giustificato tale scelta affermando che «poiché l’introduzione dellaresponsabilità sanzionatoria degli enti assume un carattere di forte innovazione nel nostroordinamento, sembra opportuno contenerne, per lo meno nella fase iniziale, la sfera di operatività,allo scopo di favorire il progressivo radicamento di una cultura delle legalità che, seimposta ex abrupto con riferimento ad un ampio novero di reati, potrebbe fatalmente provocarenon trascurabili difficoltà di adattamento» (cfr. Relazione governativa al d. lgs. n. 231/2001, cit.). Il self-restraint del legislatore è apprezzato da G. De Vero, op. ult. cit., 1128 s.,secondo cui si è in presenza di «un’esemplare applicazione ‘‘sul campo’’ del principio diframmentarietà»; nonché, più timidamente, da A. Rossi, Le sanzioni dell’ente, inS. Vinciguerra-M.Ceresa Gastaldo-A. Rossi, op. cit., 42. A tali posizioni deve però replicarsiche se «allo strumento giuridico è affidata la custodia della libertà economica e la determinazionedella sua misura, si effettua una selezione nel trattamento che, realizzata sul pianopenalistico attraverso l’incriminazione di certe modalità e forme della condotta piuttostoche di altre, corre il rischio gravissimo, sul piano delle propedeutiche valutazioni politiche,d’essere operata in base al potere di contrattazione che ciascun gruppo sociale riesce a met-

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