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SCARICA IL DOC. ALLEGATO : indice_penale_1_2006.pdf

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190SAGGI E OPINIONIcato lesivo della norma, in funzione confermativa della struttura normativa(e della stessa identità) del sociale( 24 ). Se il fine manifesto della pena (di cuil’identità normativa della società, violata dal delitto, poiché essa ne costituisce appunto nonl’effetto, ma il significato. Sul punto, G. Jakobs, Schuld und Prävention, Recht und Staat, heft452/453, Tübingen, 1976, 3 ss.; Id., Norm, Person, Gesellschaft, Berlin, 1997, 42.( 24 ) G. Jakobs, Sobre la normativización de la dogmàtica jurídico-penal, Madrid, 2003,47 (ma nello stesso senso, Id., Dogmàtica de derecho penal y la configuración normativa de lasociedad, Madrid, 2004, 56 ss.), sostiene che se il reato è la ribellione contro la norma, la penarappresenta il corrispondente di tale ribellione: mediante il dolore che infligge elimina unaerosione generale della vigenza delle norme (prevenzione generale positiva), apparendo decisivodunque l’aspetto della protezione della vigenza della norma e non di beni giuridici, dalmomento che il diritto rappresenta una relazione tra persone, attraverso la quale soltanto vienecoinvolto il profilo relativo ai beni. Ciò che del resto qualifica il reato è il suo provocare ladelusione di un’aspettativa normativa riposta sul soggetto, di talché la pena diviene contraffattosimbolico di tale ‘tradimento’, modalità cognitiva di intimidazione del reo e della societàintera. Tuttavia, se l’intimidazione rappresenta un fine secondario della pena, non ne ècerto il fondamento, che si radica invece nella riaffermazione della vigenza delle strutturenormative sociali. Il principio di colpevolezza garantisce l’attribuzione del fatto all’autore(il fatto non deve essere percepito come casuale, ma come opera del suo autore, in quantoun atto colpevole tende ad affermare una «configurazione del mondo» che pretende di esseredeterminante, con ció attribuendo una valenza sociale e comunicativa al suo stesso atto)ed in secondo luogo rivela come il reo possa intervenire nella società. L’atto colpevole ingeneraun conflitto in ordine alla configurazione della società; la pena deve dunque essere unacoazione che infligga dolore: una risposta comunicativa tesa a negare validità a ciò che l’attodel reo pretendeva affermare, per ristabilire la vigenza della struttura normativa sociale. Lastessa denominazione del delitto in tal senso (come un delitto specifico) esprime la marginalizzazionecomunicativa del fatto e del suo significato; tuttavia la necessità di una pena comecoazione (e non del semplice stigma, della mera dichiarazione di colpevolezza) nasce dal fattoche ogni denominazione è eterea, a fronte del delitto che è l’obiettivazione della volontà delreo. Pertanto, la pena deve rivestire un contenuto obiettivizzante allo stesso modo del delitto,dovendo il reo risarcire, con la pena, il danno che ha prodotto alla vigenza dell’ordine normativosociale; risarcimento che avviene con la privazione dei suoi mezzi di sviluppo (pena dimorte, detenzione, multa). «L’impressionante del taglione, della retribuzione nella stessaspecie (Kant, Metaphysik der Sitten, Tübingen, 332) è che, almeno sul piano concettuale,le rispettive obiettivazioni del fatto e della pena coincidono, risultano identiche» (G. Jakobs,Introducciòn, etc., cit., 32). Ora, osserva Jakobs, op. loc. ult. cit.., come «a parte la ridicolizzazionedelle pene-riflesso di Hegel (Rechtsphilosophie, § 101, «occhio per occhio, dente perdente»), sull’idea del taglione si radica il problema della estensione concreta della pena. Se ilreato rappresenta il tradimento di un’aspettativa normativa che non puó risolversi medianteun apprendimento cognitivo, ma esige l’imputazione di un fatto alsuo autore, e se lo Stato èl’ordine coattivo effettivo nel suo fondamento (Kelsen, Reine Rechtslehre, 205), per la vigenzadel diritto non basta che siano sanzionate le infrazioni, perché la collettività comunqueporrebbe in dubbio la realtà e l’effettività dell’ordinamento, ma è necessario che si attui anchela parte precettiva della norma <strong>penale</strong>, assicurandosi l’ordine che la norma mirava ad instaurare.Il dolore inflitto dalla pena si misura allora secondo ciò che sia necessario ad unacompensazione del danno prodotto alla vigenza della norma primaria (parte precettiva dellanorma <strong>penale</strong>)». Si tratterebbe allora di un retributivismo il cui parametro non è la lesionedel bene giuridico ma la perturbazione dell’ordine normativo, arrecata dal delitto. Prevenzionegenerale positiva come fine della pena significa allora, in Jakobs, che il destinatariodel processo punitivo è la società, che deve, attraverso l’irrogazione della pena, essere con-

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