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SCARICA IL DOC. ALLEGATO : indice_penale_1_2006.pdf

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170SAGGI E OPINIONImavera di libertà tramontava velocemente, oscurata dai timori circa l’impattoche il principio avrebbe avuto sull’effettivo svolgimento dei processi.«Un mal inteso senso di ossequio per il prestigio e per l’autorità della magistratura,unito alla preoccupazione di rendere troppo difficoltosa la ricercadelle prove»( 208 ), finirono per prevalere( 209 ) ed orientarono versoil passato la nascente codificazione. Era quell’eccesso di ‘modernità’ ostentatospecialmente sotto il vessillo del riconoscimento di un diritto al silenzioa suscitare perplessità ed ansie( 210 ).lersi per trovare la verità, era altrettanto indubitabile che l’obbligo imposto al giudice di avvertirlodi un’inesistenza del dovere di rispondere «è una espressione di diffidenza ed unaprostrazione dell’autorità del giudice, che non si può consentire» [Camera dei deputati, Relazionedella Commissione sul progetto del codice di procedura <strong>penale</strong> per il Regno d’Italia e suldisegno di legge che ne autorizza la pubblicazione, p. 274, n. 77, in Commento al codice diprocedura <strong>penale</strong>, parte prima Lavori preparatori, vol. III Lavori parlamentari (relazioni, discussioni),Torino 1915]. E ancora Stoppato, in sede di discussione parlamentare, pur riconoscendoil significato morale del principio contemplato dall’art. 302, ribadiva la propriacontrarietà al suo mantenimento: «Come! Si chiama uno perché renda conto di un fatto esi comincia con l’avvertirlo che non ha l’obbligo di renderne conto! È un po’ strano onorevolicolleghi. Onde la vostra Commissione, non tanto perché tema l’avvilimento del poteredel giudice, quanto per il principio che si adultera l’istituto dell’interrogatorio, non accetta laproposta riforma» [Commento al codice di procedura <strong>penale</strong>, parte prima Lavori preparatori,vol. III Lavori parlamentari (relazioni, discussioni), Torino 1915, p. 457, § 4. Sulla relazionedi Stoppato cfr. M. N. Miletti, Un processo cit., pp. 281-4]. Di identico avviso era l’onorevoleAlfredo Canevari, che nell’intervento alla Camera ravvisava nell’art. 302 2º comma ilrischio d’esautorare il potere del magistrato [Commento al codice di procedura <strong>penale</strong>, parteprima Lavori preparatori, vol. III Lavori parlamentari (relazioni, discussioni), Torino 1915, p.429, § 4]. A questa nutrita schiera di giuristi si opponeva una manciata di ‘coraggiosi’ sostenitoridi tesi antitetiche, quali Vacca, Cotugno e Pagani Cesa. Quest’ultimo, ad esempio, nellaseduta alla Camera del 1º giugno 1912, riteneva non doversi abolire la proposta contenutanel progetto, non riuscendo a comprendere come l’avvertimento ex art. 302 2º comma potesseessere ritenuto poco dignitoso per il giudice, costituendo, al contrario, la prova dellasua lealtà [Commento al codice di procedura <strong>penale</strong>, parte prima Lavori preparatori, vol. II<strong>IL</strong>avori parlamentari (relazioni, discussioni), Torino 1915, p. 396, § 6].( 208 ) V. Grevi, «Nemo tenetur» cit., p. 33.( 209 ) La citazione di Grevi ricalca in realtà le parole con cui il ministro Finocchiaro-Aprile accompagnò l’entrata in vigore del codice del 1913. Nella sua Relazione, il Guardasigilliosservava che l’obbligo di avvertire l’imputato della facoltà di non rispondere, presentegià nel progetto del 1905, si proponeva l’effetto di renderlo edotto della sfera dei suoi diritti,consigliando per converso ai giudici di non indulgere ad insistenze contrarie al rispetto dellalibertà di difesa ed evitando che dal silenzio si potessero trarre conseguenze e deduzioni illegittime.«Ma nel dubbio che una disposizione identica a quella del progetto potesse eventualmentecreare difficoltà alla ricerca delle prove o riuscire pregiudizievole alla dignità delmagistrato, in conformità all’emendamento delle Commissioni parlamentari ho, nell’art. 261,sostituito l’obbligo di avvertire l’imputato che, se anche non risponda, si procederà oltre nellaistruzione» [Relazione a S.M. il Re dal Ministro Guardasigilli (Finocchiaro-Aprile) presentatanell’udienza del 27 febbraio 1913 per l’approvazione del Testo definitivo del Codice di procedura<strong>penale</strong>, Roma 1913, p. 39].( 210 ) Vacca, come si è detto, mostrava un netto dissenso contro le proposte di emenda-

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