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SCARICA IL DOC. ALLEGATO : indice_penale_1_2006.pdf

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SAGGI E OPINIONI233loro quella manifestazione di volontà consenziente al giudicato, di cui nonsi poteva fare a meno. Questa formulazione del principio di intangibilitàdel giudicato rispecchiava pienamente una visione primitiva del diritto,per cui le situazioni di potere dovevano essere corroborate dal consenso.Nel cuore del XI secolo sorse, nella vita del diritto, una epoca nuova: ilrinascimento giuridico. Esso si presentava alla storia come «il saldarsi miracolosodel presente con un passato, che la barbarie aveva creduto di infrangeree che ora, invece, una rinnovata coscienza disseppelliva dalle maceriee chiamava a nuovi destini»( 9 ). In questo periodo incominciò un movimentodi rivalutazione del diritto romano, ad opera della dottrina giuridica,attraverso la riscoperta della compilazione giustinianea, ed in particolarmodo dei libri del Digesto «qui dudum neglecti fuerant»( 10 ). Questa reviviscenzadel diritto romano giustinianeo determinò lentamente, insiemecon il diritto canonico, la nascita dello ‘‘ius comune’’. Gli istituti, le normee i principi del diritto romano, ridivennero, pur se adattati alle esigenze deltempo, la struttura portante dei rapporti sociali fra i consociati, e fra essi el’autorità pubblica. Se l’apporto normativo dello ‘‘ius commune’’ fu massimonel campo dei rapporti civili, ciò avvenne in misura inferiore nel campocriminale, dove operarono notevolmente gli ‘‘iura propria’’, che, per la lorofreschezza e duttilità, meglio, rispetto all’antico diritto romano, facevanofronte alle necessità di tutela <strong>penale</strong> del tempo. In questo periodo si affermacon vigore il principio giuridico dell’immutabilità del giudicato <strong>penale</strong>:«sententia in criminosum facit ius contra eum ubicumque terrarum et pro etcontra omnes»( 11 ). Un passo delle costituzioni di Federico II si rivolgevaespressamente alle sentenze definitive e stabiliva dei termini per appellare,trascorsi i quali, esse si consideravano passate in ‘‘cosa giudicata’’. «Appellationumtempora per quas definitivae sententiae suspendutur certo dierumspatio iussimus limitari»( 12 ). Anche negli statuti comunali venne più voltestabilito il principio dell’immutabilità del giudicato e negato perfino, inomaggio ad esso, un secondo giudizio di appello. Secondo lo statuto dellaRepubblica di Firenze una causa criminale, una volta giudicata, non potevaessere ripresentata una seconda volta, non essendo ammesso neppure l’appello.«Et non possit de nullitate dici vel opponi vel appellari ab aliqua sententiavel condemnatione criminali lata per aliquem officialis communis Florentiaenec dictu judex appellationi conoscere vel se intromittere possit de dictiissententiis criminalibus vel de nullitate appellatione, oppositione quae fierentsuper eis sub poena librarum quingenatrum»( 13 ). Secondo lo statuto del( 9 ) Calasso, Medioevo del diritto, Milano, 1954, p. 346.( 10 ) Mon. Germ. Hist., Scriptores, XXIII, p. 32.( 11 ) Bartolus et Baldus, inZasius, l. 63, de re judicata, n. 76.( 12 ) Constitutiones Regni Siciliae, tit. XLIV.( 13 ) Statuta populi et communis Florentiae, lib. II, rubrica CXXVII.

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