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330STUDI E RASSEGNEteri corrispondenti all’esercizio del diritto di proprietà dell’uomo sull’uomo.Non è detto che quest’ultimo compito sia più facile del primo. Unalettura squisitamente letterale dell’ipotesi descritta all’art. 600 primo comma,prima parte, unita a un semplicistico riferimento al classico novero degliattributi del diritto di proprietà (ius utendi, fruendi, abutendi...), conducea conseguenze inaccettabili. Si noti che la legge delinea un’ipotesi di reatosolo eventualmente permanente, che può essere perfezionato anche mediantecondotte istantanee identificabili in un solo atto di ‘‘esercizio del potere’’.Non può invero desumersi dall’uso del plurale (‘‘poteri’’) il requisitodell’iterazione della condotta con riguardo all’esercizio di almeno due poteridiversi, e men che meno una connotazione di abitualità della condottapunibile: il sostantivo al plurale dopo la preposizione ‘‘di’’ sottende indeterminazionenel numero e nella specie e quindi, sul piano grammaticale,equivale semplicemente – con il pregio di una maggiore sintesi – all’espressione:‘‘di uno qualsiasi dei poteri’’. Si noti ancora che la norma prescindedall’uso di violenza, minaccia o inganno( 47 ), e perfino dalla specifica esclusionedelle condotte ammesse e regolate dalle leggi civili (‘‘chiunque esercita’’e non ‘‘chiunque illecitamente esercita’’).Quando una norma <strong>penale</strong> contiene un elemento normativo etero-determinato,richiamato con una nozione giuridica il cui significato è ricavabileda una fonte extra-<strong>penale</strong>, il richiamo dovrebbe essere riferito al medesimosignificato che la nozione assume in ambito extra-<strong>penale</strong>, per ilprincipio di ‘‘unicità dell’ordinamento’’( 48 ). La legge <strong>penale</strong> si riferiscecon frequenza alla nozione di ‘‘proprietà’’ e ai poteri del proprietario: talvoltaai fini dell’applicazione della norma <strong>penale</strong> rileva la sussistenza del di-( 47 ) Cfr., V. Musacchio, La nuova normativa <strong>penale</strong> contro la riduzione in schiavitù ela tratta di persone (L. 11 agosto 2003, n. 228), in Giur. it., 2004, n. 12, p. 2447 s. L’A. rilevache ‘‘dalla formulazione della fattispecie incriminatrice si evince che la riduzione o il mantenimentonello stato di soggezione avviene quando la condotta è attuata non soltanto medianteviolenza, minaccia e inganno, ma anche abuso di autorità, o approfittamento di una situazionedi necessità. Sia la seconda delle fattispecie previste dal nuovo art. 600 (riduzione omantenimento in servitù) sia le previsioni del Protocollo addizionale di Palermo includono,fra le situazioni di ‘‘soggezione continuativa’’ e di sfruttamento, anche quelle prodotte approfittandodell’altrui stato di bisogno, e non si rinviene quindi alcuna ragione di carattere sistematicoper escludere dal novero delle condotte punibili le ipotesi nelle quali la proprietàsia esercitata senza trarre vantaggio da alcuno dei classici ‘‘vizi del consenso’’. In giurisprudenza,(Cass., Sez. III, 20 dicembre 2004, Galiceanu, cit., p. 93 ss.), si riconosce che, nell’ipotesidi riduzione in servitù, ‘‘l’evento, consistente nello stato di soggezione in cui la vittimaè costretta a svolgere determinate prestazioni, deve essere ottenuto dall’agente, alternativamente,mediante violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità ovvero approfittamento diuna situazione di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità.( 48 ) Cfr. M. Petrone, Il nuovo art. 5: L’efficacia scusante dell’ignorantia juris inevitabilee i suoi riflessi sulla teoria generale del reato, inCass. pen., 1990, p. 697 ss; F. Antolisei,Manuale di diritto <strong>penale</strong>, parte speciale, vol. I, Milano, 1992, p. 224.

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