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SCARICA IL DOC. ALLEGATO : indice_penale_1_2006.pdf

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STUDI E RASSEGNE325l’art. 600, e quindi sull’insieme delle ‘‘tradizionali’’ fattispecie incriminatricipreviste al titolo XII, capo III, sezione I del codice <strong>penale</strong>, vale a dire suireati contro la personalità individuale, presenti già nell’impianto originariodel Codice del 1930 e rimasti da allora pressoché immutati( 37 ). Di più: ildibattito parlamentare che ha dato vita alla nuova legge si è in massimaparte focalizzato sulla modifica dell’art. 600 e il nuovo art. 600 rappresentail punto centrale della riforma, quanto meno sul versante del diritto <strong>penale</strong>sostanziale.Non stupisce che, per attuare un accordo internazionale sulla tratta diesseri umani, il legislatore nazionale abbia dovuto mettere mano in primoluogo alla fattispecie della riduzione in schiavitù: il nuovo art. 600 assume,esattamente come il vecchio, il ruolo essenziale di definire la condizionedella persona vittima dei reati di tratta di cui ai successivi articoli 601 e602( 38 ).Con l’entrata in vigore della legge 228 del 2003, il diritto <strong>penale</strong> conosce– per la prima volta – una nozione di schiavitù dettata direttamente dallegislatore, e ad essa si affianca quella di servitù. Secondo la nuova norma,( 37 ) Con la sola eccezione dell’introduzione del comma 2 dell’art. 601 c.p. – ipotesi aggravatadi tratta, avente per oggetto minori da destinare alla prostituzione – dovuta a quellastessa legge 3 luglio 1998, n. 269 che aveva introdotto le nuove fattispecie previste agli articoli600 bis, ter, quater, quinquies e sexiesi, c.p.( 38 ) Contrariamente a quanto ritengono alcuni fra i primi commentatori della norma(G. Amato, La condizione della vittima qualifica il reato, in Guida dir., 13 settembre2003, fasc. 35, p. 115 ss.; A. Peccioli, Giro di vite contro i trafficanti di esseri umani: le novitàdella legge sulla tratta di persone, inDir pen. proc., 2004, fasc. 1, p. 32 ss.) che ritengonoriferibile ai soggetti posti in condizione di schiavitù o servitù solo la generica ipotesi di ‘‘tratta’’formulata in apertura del primo comma ed estensibili a qualsiasi essere umano le ipotesidi costrizione o induzione al trasferimento delineate dopo la congiunzione ‘‘ovvero’’ – l’art.601 c.p. nel suo insieme si riferisce esclusivamente alle persone che si trovano ‘‘nelle condizionidi cui all’art. 600 c.p.’’, come risulta chiaramente dal testo. Il pronome ‘‘la’’, utilizzatodue volte nella seconda parte dell’art. 601, primo comma, a proposito della persona offesadel reato (ovvero... la induce... o la costringe...) non è grammaticalmente riferibile a unaqualsiasi persona, ma solo alla ‘‘persona che si trova nelle condizioni dell’art. 600 c.p.’’. Peraltro,se l’art. 601 primo comma c.p, formulasse davvero due ipotesi da distinguere in ragionedella diversa qualità della persona offesa (una persona ridotta in condizione di schiavitùo servitù nella prima ipotesi, una persona qualsiasi nella seconda), resterebbero imperscrutabilile ragioni per le quali il legislatore si sarebbe determinato a usare tecniche espositive tantodiverse nell’uno e nell’altro caso, confezionando una fattispecie estremamente generica per lepersone di cui all’art. 600 c.p. – in contrasto con lo sforzo di ‘‘tipizzazione’’ manifestato nellealtre disposizioni sostanziali della novella – e riservando precisione e dettaglio alla tratta dellepersone che non versano in condizione di schiavitù o servitù. L’unico dato testuale che deponeper l’intenzione del legislatore di estendere la nozione di tratta anche a persone che nonversino nelle condizioni di cui all’art. 600 c.p. resta il titolo dell’art. 601 c.p. (Tratta di persone),specie se raffrontato al titolo dell’art. 602 c.p., riferito ai soli schiavi. Ma si tratta, com’ènoto, di un dato che non può assumere influenza decisiva sull’interpretazione, posto cheil titolo di una norma è estraneo al contenuto precettivo della medesima.

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