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31 marzo 2012

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elevato di membri che ricoprono anche incarichi analoghi in società di gruppiconcorrenti. Nel complesso del settore finanziario, ricomprendente banche,assicurazioni e società di gestione del risparmio, circa il 90% delle societàquotate presenta nei propri organi di governance soggetti che presentanocumuli di incarichi.Tale fenomeno è suscettibile di determinare importanti effettianticoncorrenziali, favorendo diversi gradi di alterazione dei normali rapporticoncorrenziali, che vanno dalla definizione di un basso grado di competizionealla collusione esplicita 43 .In tale quadro, la più recente evoluzione normativa sul tema assumestraordinario valore in ragione della conseguente prevedibile significativariduzione delle distorsioni concorrenziali evidenziate.In primo luogo, l’art. 36 del d.l. n. 201/2011, stabilendo il divieto dipartecipazioni personali incrociate (cd. interlocking directorate) tra impreseconcorrenti nei mercati finanziari e bancari, introduce un cambiamento radicalenelle tradizionali prassi di governance; cambiamento che, pur non potendositrascurare alcuni problematici aspetti applicativi in sede di attuazione dellanorma, non potrà che determinare, a regime, la definizione di più correttiincentivi per una reale concorrenza fra le imprese operanti nel settore.40In secondo luogo, il disposto di cui all’articolo 27-quater, opportunamenteintrodotto in sede di conversione del d.l. n. 1/<strong>2012</strong>, è correttamente finalizzatoad impedire che i fenomeni di incroci personali tra gruppi bancari concorrentisi realizzino transitando attraverso gli organi di controllo delle fondazioniazioniste. In tale ottica, la norma, completando quanto previsto dalla precedentedisposizione del d.l. n. 201/2011, impedisce che i soggetti che svolgonofunzione di indirizzo, di gestione e di controllo nelle fondazioni siedano, alcontempo, negli organi di gestione e di controllo di società bancarie concorrentidella banca conferitaria.Nel settore dell’offerta di servizi bancari e assicurativi, altri importantiprofili di criticità concorrenziale risiedono, da un lato, nell’esistenza di ungenerale squilibrio nel rapporto tra impresa e consumatore, che trova frequenteriscontro nella scarsa trasparenza delle condizioni contrattuali, dall’altro, in unatradizionale tendenza all’uniformità delle prassi commerciali; determinandosicosì quella scarsa mobilità della clientela che, anch’essa caratteristica precipuadei mercati italiani rispetto a quelli esteri, appare sintomatica di un operare pococoncorrenziale degli stessi.43E’ elevata infatti la possibilità che le decisioni operative di ciascuna impresa siano influenzate dallaconoscenza di informazioni sul concorrente, in un contesto di diffusa consapevolezza di tale condivisione delset informativo; aumentano la probabilità di scambi illeciti di informazioni fra società concorrenti; infine,l’appartenenza simultanea di uno stesso soggetto ad organi di governo di più competitors costituisce unimportante fattore di controllo delle azioni dei concorrenti, ovvero lo strumento per mantenere un clima difiducia relativamente a eventuali accordi di convergenza su determinati valori di equilibrio collusivo.

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