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Alle origini del mito letterario di Maria Stuarda in Italia

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Cesare Campana, Historie <strong>del</strong> Mondo *<br />

Parlò <strong>in</strong> favor <strong>di</strong> lei Mons. <strong>di</strong> Belaere Ambasciador <strong>del</strong> Rè <strong>di</strong> Francia, e<br />

mostrando, che si trattava, <strong>del</strong>l’<strong>in</strong>teresse non d’una persona sola, ma <strong>in</strong><br />

universale <strong>di</strong> tutti i pr<strong>in</strong>cipi soprani, i quali non havendo superiore qua giù se<br />

non Id<strong>di</strong>o, concludeva che non potevano l’un dall’altro esser come sud<strong>di</strong>ti<br />

giu<strong>di</strong>cati; oltre che era cosa <strong>di</strong> pessimo essempio, il non far <strong>di</strong>fferenza dal Rè,<br />

alle persone altrui soggette. Aggiungeva che la Re<strong>in</strong>a <strong>di</strong> Scotia era stata<br />

condennata da giu<strong>di</strong>ci tali, ch’ancor ch’ella fusse stata loro suggetta, il giu<strong>di</strong>tio<br />

era <strong>in</strong>valido, poiché gli accusatori erano gli stessi giu<strong>di</strong>ci; ma che quando bene<br />

ella fusse stata colpevole <strong>di</strong> quanto le se apponeva; (come non era) con<br />

soverchio rigore si procedeva verso <strong>di</strong> lei. Perché quando pur’havesse<br />

consentito, che quei congiurati l’avessero voluta liberar <strong>di</strong> prigione, ella<br />

avrebbe fatto quel che la legge <strong>di</strong> natura <strong>in</strong>segna à ciascheduno, contra <strong>del</strong>la<br />

qual non vi è legge alcuna ò scritta, ò non scritta, che sia <strong>di</strong> più valore; né<br />

ostava punto il <strong>di</strong>re, com’era paruto à Consiglieri <strong>di</strong> Londra; ch’altra strada non<br />

vi era à liberar il Regno da’ pericoli <strong>del</strong>la congiure, le quali per cagion <strong>di</strong> essa<br />

Re<strong>in</strong>a prigioniera <strong>di</strong> tempo <strong>in</strong> tempo travagliavano quei popoli, con manifesto<br />

pericolo <strong>del</strong>la stessa Re<strong>in</strong>a d’Inghilterra, e de’ pr<strong>in</strong>cipali <strong>del</strong> Regno; perciocchè<br />

tutto ciò doveva essere imputato non a <strong>Maria</strong>, ma ad essa Isabella, che già<br />

<strong>di</strong>ec<strong>in</strong>ov’anni la teneva <strong>in</strong> dura prigione; non ricordandosi come la misera<br />

Re<strong>in</strong>a confidata nella loro consangu<strong>in</strong>ità, & <strong>in</strong>vitata da lei con larghe promesse,<br />

era entrata nel suo regno, datasi nelle sue mani, commessasi alla sua fede,<br />

raccomandatasi alla sua potenza, perché la rimettesse, come spesso far sogliono<br />

i Rè l’un l’altro per l’<strong>in</strong>teresse <strong>del</strong>la Regia maestà, ne’ suoi stati, donde<br />

costretta era stata fuggiresene, per cagion d’alcuni scelerati suoi ribelli; & <strong>in</strong><br />

questo le ritornava a memoria quel generoso detto <strong>di</strong> Zenocrate, Ch’essendosi<br />

salvato un passero nel suo seno, il qual fuggiva da uno smeriglio, che lo<br />

perseguitava a morte esso lo lasciò <strong>in</strong> libertà, <strong>di</strong>cendo, Che non si conveniva<br />

ritenere, chi confidato nella sua fede era à lui ricorso per aiuto. Ricordò anche<br />

il magnanimo fatto <strong>del</strong> Conte <strong>di</strong> Fiandra, ch’u<strong>di</strong>ta <strong>in</strong> Napoli recitar sentenza <strong>di</strong><br />

* C. CAMPANA, Delle historie <strong>del</strong> mondo… f<strong>in</strong>o al 1596, In Venetia per Piergiorgio<br />

Angelieri, & compagni, 1596, pp. 268-270.

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