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L’ultimo campo d’applicazione di un biofitofarmaco èla lotta ai patogeni del post raccolta. In questo caso,più che negli altri appena descritti, esistono alcunedifficoltà da superare che consistono nella riserva delconsumatore ad accettare la presenza di microrganismisulle parti eduli. Inoltre le temperature di conservazionedel prodotto vegetale, spesso prossime a0°C, rappresentano una condizione ambientale fortementeselettiva per la sopravvivenza e l’azione dell’antagonistada impiegare. In molti casi la ricerca si èorientata verso l’impiego di lieviti naturali isolati daglistessi prodotti che si intende difendere. Questi microrganismihanno molti pregi. Si sviluppano e moltiplicanomolto rapidamente mostrando una lunga persistenzasui prodotti trattati. I lieviti risultano più resistentidi molti patogeni alle condizioni estreme diconservazione e sono compatibili con i processi industrialidi conservazione. Hanno esigenze nutrizionalisemplici (produzione poco costosa) e si possono formularein modo da garantire facilmente il mantenimentodi una adeguata shelf life. I lieviti non sono patogeniper i prodotti vegetali e sono sicuri per la saluteumana (molti non crescono a 37°C e non produconoantibiotici o altri metaboliti tossici). Inoltre questimicrorganismi riscuotono il favore dell’opinione poichési tratta di microrganismi da sempre utilizzati innumerosi e comuni processi alimentari.In ogni caso è bene sottolineare che per ottenerebuoni risultati in termini di contenimento delle malattieè indispensabile un’approfondita conoscenzadella biologia ed epidemiologia dei patogeni che siintende combattere e degli antagonisti che si intendeutilizzare.Dal punto di vista economico, infine, i biofitofarmacimostrano costi di sviluppo e registrazione inferiori rispettoa quelli dei fitofarmaci di sintesi. Abbiamo piùvolte ricordato il mercato potenziale cui questi farmacisi rivolgono. Da un punto di vista assolutamentegenerale, l’esperienza ci insegna che è più facileselezionare microrganismi in grado di manifestareefficacia in specifiche nicchie (ambienti pedoclimaticiben definiti, colture protette, ...) in quanto, trattandosidi organismi, devono essere messi in condizionedi crescere adeguatamente. Ma in questo caso ilmercato non è più sufficiente a garantire la coperturadelle spese di ricerca, sviluppo e registrazione, sideve quindi cercare microrganismi in grado di svolgerela loro attività in condizioni assai diverse (mercatopiù ampio), ma questo è molto difficile e puòportare all’ottenimento di risultati erratici. Per stimolarela crescita del settore sarebbe opportuna,pur salvaguardando la sicurezza d’impiego dei prodotti,una ulteriore riduzione dei costi di registrazione,in modo da consentire anche a piccole imprese lacommercializzazione di prodotti registrati e destinatia specifici e limitati campi di impiego.Il mondo della ricerca e numerose aziende, in Italia eall’estero, sono da anni attivamente coinvolti in ciascunodei passaggi chiave che portano allo sviluppoe alla registrazione di un biofitofarmaco, a partiredalla selezione dei potenziali antagonisti fino a giungerealla messa a punto dei metodi per la produzionedi biomassa su vasta scala e alla formulazione delprodotto da commercializzare. Attualmente, in Italia,sono registrati e distribuiti alcuni biofitofarmaci ilcui principio attivo è costituito da funghi o batteri impiegabilinella difesa di piante di interesse agrario.Questi prodotti sono utilizzati nella lotta a patogenidelle parti aeree quali, ad esempio, Oidii attraversol’impiego del fungo Ampelomyces quisqualis (micoparassita),nella lotta a patogeni tellurici formantisclerozi mediante il fungo Coniotyrium minitans, micoparassitadelle strutture di quiescenza, o nei confrontidi batteri fitopatogeni come Agrobacterium tumefaciens,attraverso la competizione per i siti di infezioneda parte di Agrobacterium radiobacter.In conclusione, sebbene questi prodotti non rappresentinola panacea per risolvere tutti i problemi legatialla difesa delle colture, essi costituiscono validi strumenti,che fanno della sicurezza il loro punto di forza,che possono consentire la riduzione dell’impiego difitofarmaci a base di composti di sintesi in strategie dilotta integrata o che rappresentano, ad esempio inagricoltura biologica, una delle poche risorse a disposizionedegli agricoltori per la difesa delle colture.Bibliografia[1] K.F. Baker, R.J. Cook, Biological control ofplant pathogens. W. H. Freeman and company,San Francisco, California: 1974.[2] H.D. Burges, Formulation of microbial biopestices.Kluver Academic Publishers Group, Dordrecht,Netherlands: 1998.[3] R.J. Cook, K.F Baker, The nature and practiceof biological control of plant pathogens. AmericanPhytopathological Society, St. Paul, MN: 1983.[4] A. Matta, Fondamenti di patologia vegetale.Patron editore, Bologna: 1996.[5] G. Vannacci, M.L. Gullino, Acta Hort. 2000,532: 79.174

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