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Calanchi e biancane, suggestive forme d’erosione nelle argille delle colline toscaneFigura 3: I calanchi di S. Cipriano (fig. 1), sumappa IGM (F. 112 Volterra, Tavoletta Villamagna),sono contraddistinti da barbette con le punteconvergenti verso gli assi degli impluvi. Si noticome i calanchi sono presenti solo nei versantiesposti a sud. Il cerchio in basso indica il punto diripresa della foto di figura 1.sti ultimi, spogli di vegetazione arbustiva ed arboreaa causa del facile inaridimento dovuto alla impermeabilitàdell’argilla, consentono l’attecchimentostagionale, nel periodo primaverile e autunnale, divegetazione erbacea e, quando sono oggetto di coltivazioneagricola, possono ospitare con successo soltantomonocolture. Sono dunque, i nostri in esame,paesaggi agrari assai condizionati dalla natura deiterreni e, da sempre, possono accogliere solo specifichecolture a seminativo.I paesaggi dei mattaioni volterrani e delle crete senesi,fino alla metà del secolo scorso, erano costellati dinumerose plaghe di terreno modellate naturalmentea calanchi e biancane; la coltivazione semimeccanizzatapraticata nell’ultimo trentennio della civiltà contadina(1930-1960) non aveva un gran che scalfito lamorfologia naturale di queste curiose e suggestiveforme d’erosione.Le biancane furono decritte per la prima volta da G.Targioni Tozzetti 1769 [23]: «Biancana, … dal colorequasi bianco che prende la superficie asciutta del mattaione,a cagione della fioritura salina e selenitica».E. Repetti, 1846 [12] rammenta sia le biancane di Volterrache quelle di Asciano (SI) (figura n. 4) ed accennaal territorio «sparso di tumuli e di gibbose irregolaridune, pressoché tutte coperte di crete marnoseconchigliari».Il geografo A. Martelli, 1908 [7] ed i Geologi P. Savi,1839 [15] e P. Principi, 1941 [11] descrissero calanchie biancane nelle rispettive note scientifiche sulterritorio volterrano.Giuseppe Stefanini, Geologo docente universitarioprima a Firenze e poi a Pisa, dedicò tre pubblicazioni[19-20-21] alle forme d’erosione dei terreni neogenicidel volterrano e del senese: «balze, calanchi e biancane»,accogliendo per primo in ambito scientifico iltermine biancana, fino ad allora in uso tra la popolazionedel Volterrano.Infine, fra la fine dell’800 e i primi del 900, due grandidella letteratura restarono ammirati alla vista delpaesaggio delle biancane.Paul Borget (Amiens, 1852 - Paris, 1935) romanzieree saggista francese esprime in Sensation d’Italie,1891 [1] ammirazione per il paesaggio delle biancane:«l’immens ocean des mamelons ravinés … descollines après des collines, des mamelons après desmamelons».Gabriele D’Annunzio, nel romanzo Forse che si, forseche no, pubblicato nel 1910 [3] ed ambientato a Volterra,dedica varie frasi al paesaggio delle biancane:«la landa malvagia, il deserto di cenere … la campagnagibbosa, la terra tutta occupata di tumuli, … lebiancane nell’albore lunare simili alla crosta d’un pianetaestinto …i cumuli di creta, ove le rasure dell’acquasi disponevano come le nervature delle fogliemacere, o come le rughe nelle zampe enormi dei pachidermi».Le frasi del Borgét e di D’annunzio descrivono unpaesaggio all’epoca costellato di innumerevoli biancane;oggi non è più così, le biancane sono state oggettodi sistematica distruzione in un recente passato.Con l’avvento dell’agricoltura meccanizzata, aratritrivomeri, ruspe ed escavatori hanno spianato e55

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