La xenodiversità animale delle acque interne italiane: la situazione in Toscana3% della sua superficie [8,9]. La dominanza delle specienon-indigene nei vari sistemi è rafforzata dai cambiamenticlimatici, che tendono a favorirne la diffusionenaturale e la proliferazione [6]. Recentemente,è stato stimato che le specie che l’uomo, per via accidentaleo deliberata, introduce annualmente al difuori del loro areale naturale di distribuzione oscillanotra le 100 e le 10000 unità [14].Molteplici vettori possono trasportare le specie nonindigene,quali l’acquacoltura, l’agricoltura e il commerciodi animali da compagnia, ma anche il mercatotramite web [8,9]. La deregolarizzazione degliscambi nazionali e internazionali ha inoltre indebolitole barriere per il commercio e la sorveglianza. Infine,l’impatto delle specie introdotte è stato reso inizialmentepiù intenso dal ritardo con cui il comportamentoumano e le norme sociali hanno risposto ainuovi rischi [8,9]. Mentre alcune specie non-indigeneproducono effetti neutrali o apportano apparentibenefici agli ecosistemi, altre possono diventare invasive,esercitando un impatto ecologico rilevantecon l’estinzione locale di specie native e l’alterazionedei processi propri degli ecosistemi invasi [14]. Lespecie invasive producono inoltre costi diretti alle attivitàproduttive: è stato stimato che le specie non-indigeneproducono negli Stati Uniti un danno monetariocomplessivo di 137 miliardi di dollari l’anno [17],mentre in Italia il controllo della sola nutria per i danniai canali e ai sistemi di irrigazione costa tra i 2 e i 4milioni di Euro (P. Genovesi, comunicazione personale).Infine, le specie invasive possono favorire ladiffusione di virus, batteri e altri parassiti che agisconosulla salute dell’uomo [8,9].Le acque interne rappresentano per l’uomo una risorsaindispensabile e di valore illimitato. Laghi, fiumie aree umide contribuiscono per il 20% al valoreglobale dell’intera biosfera, che si stima ammontarea 33000 miliardi di dollari americani per anno [8,9].Valori così elevati giustificano l’attuale preoccupazioneper il degrado dei sistemi dulcacquicoli (come peraltroespresso dalla Direttiva Europea nel settoredelle acque n. 2000/60). Questo appare inevitabilmentelegato al rapido tasso di estinzione della biodiversitàdulcacquicola [8,9], che si stima superiore allavelocità di estinzione di specie negli ecosistemiterrestri e marini [8,9]. A livello globale le acque internesono state oggetto di ben note invasioni biologiche(per una revisione completa vedi [8,9]), comel’introduzione della perca del Nilo, Lates niloticus,nel Lago Vittoria con la conseguente estinzione dicirca 200 specie di ciclidi endemici, l’alterazione dellecomunità indigene dei Grandi Laghi americani pereffetto della lampreda di mare, Petromyzon marinus,e della cozza zebrata, Dreissena polymorpha. In ambientedulcacquicolo sono in corso anche invasionimeno note, ma altrettanto dannose, quali quelle delgambero americano Procambarus clarkii [7], dell’anfipodeDikerogammarus villosus, di varie specie dipesci, quali Lepomis gibbosus e Carassius auratus, edi Rana catesbeiana [8,9]. Le cause di tale vulnerabilitàalla colonizzazione di specie non-indigene sonoda ascriversi alla forte affinità tra l’uomo e i corsid’acqua, in costante intensificazione (come effettodelle attività commerciali, del trasporto e della ricreazione[9]), e alle capacità dispersive delle speciedulcacquicole [9]. I sistemi dulcacquicoli sono soggetti,soprattutto alle nostre latitudini, a modificazioninel regime termico stagionale, come risultato delriscaldamento globale, e, anche nei paesi in via di sviluppo,a un forte disturbo antropico.Per una gestione migliore delle specie non-indigeneè quindi necessario comprendere la dinamica e lecause del loro arrivo al fine di prevenire o controllarefuture invasioni e ridurre i loro effetti. In prima istanzaè necessario conoscere la xenodiversità (vedi [13]per il significato del termine) presente nell’area interessata:attualmente in Europa sono in corso progettiche indagano la situazione nelle acque interne emarine europee (DAISIE: «Delivering Alien InvasiveSpecies Inventories for Europe») e in acquacoltura(IMPASSE: «Environmental Impacts of Alien Speciesin Aquaculture»). In Italia, recentemente è statagli autori1 Dipartimento di Biologia Animalee Genetica, Università di Firenze,via Romana 17, 50125 Firenzeelena.tricarico@unifi.itfrancesca.gherardi@unifi.it2 Museo di Storia Naturale,Sezione di Zoologia «La Specola»,Università di Firenze, Via Romana 1750125 Firenzesimone.cianfanelli@unifi.itelisabetta.lori@unifi.itnocita@unifi.it* autore per corrispondenza71
stilata la prima lista di specie non-indigene delle acqueinterne [11], analizzandone tempi, cause e modalitàd’ingresso e distribuzione attuale. Nel complesso,è emerso che la xenodiversità animale italianaconsta di 112 specie che costituiscono circa il 2%dell’intera fauna. Il trasporto accidentale, in associazionecon partite di pesci per semina o di prodotti cerealicoli,è stata la principale causa d’ingresso degliinvertebrati, mentre i vertebrati sono stati prevalentementerilasciati in natura per via intenzionale. Icontinenti di origine delle specie non-indigene sonosoprattutto Asia, Nord America e il resto dell’Europa,mentre le regioni italiane più colpite sono quelledel Nord e del Centro. L’obiettivo del presente lavoroè stato quello di analizzare in via preliminare la situazionenelle acque interne della Toscana, una delle regionipiù colpite del Centro Italia.Materiali e metodiLa lista è stata compilata sulla base delle informazionireperibili nella letteratura scientifica; le informazioniraccolte sono state validate da esperti e implementate.Sulla base delle «Linee guida per la reintroduzionee il ripopolamento di specie animali e vegetalidi interesse comunitario» (Ministero dell’Ambiente,14 Febbraio 2006), sono state consideratenon-indigene quelle specie arrivate in Italia dopo lascoperta dell’America (vedi [5]). Sono stati analizzatianfibi, rettili, uccelli e mammiferi legati all’acquaper il completamento del loro ciclo vitale, invertebrati(parassiti e non) e pesci. Per acque interne si intendonotutte le acque ferme e correnti sulla superficieterrestre (Direttiva 2000/60/EC del Parlamento Europeoe del Consiglio che istituisce un quadro per l’azionecomunitaria in materia di acque). Nell’analisisono state considerate le specie non native dell’Italia[5] e non le traslocate (specie introdotte da altri baciniitaliani). Tra le specie non-indigene presenti in Toscana,sono state considerate «endemiche» quellepresenti solo in Toscana, «pandemiche» quelle presentiin almeno 15 regioni italiane. Dove possibile,per ognuna è stata indicata la distribuzione nei quattrobacini più importanti della Toscana: Arno, Serchio-Magra,Ombrone-Fiora, Tevere.Per le analisi statistiche sono stati utilizzati il G testcon la correzione di Williams (G) e il test di Studentper un campione (t). Il livello di significatività per ilquale l’ipotesi nulla viene rigettata è α= 0.05.RisultatiIn Toscana, sono presenti 48 delle 112 specie non-indigenesegnalate in Italia (Tabella 1), senza alcuna significativadifferenza tra vertebrati (29) e invertebrati(19) per la loro frequenza specifica (G=2.08, df=1,P>0.1). Come in Europa e nell’intera Italia, anche inToscana gli Osteitti rappresentano tra i vertebrati iltaxon più affetto da xenodiversità (figura 1A,B,C),con 24 specie non-indigene presenti contro le 19 autoctone.In Toscana, sono inoltre presenti 13 specieittiche originarie del versante padano-veneto, ma traslocatenella nostra regione. Nel caso degli invertebrati,analogamente a quanto osservato in Europa ein Italia, i crostacei (6) e i molluschi (8) sono i taxa incui le specie non-indigene costituiscono una frazionepiù elevata. Sono inoltre presenti due specie di invertebratiparassiti dei pesci (Anguillicola crassus e Gyrodactylussalaris). La figura 1A illustra il contributodi ogni taxon alla xenodiversità delle acque internedella Toscana, mentre la Tabella 2 mostra la frazionedi specie non-indigene per taxon. I pesci, seguiti damammiferi, rettili, crostacei Decapoda e crostaceiCladocera sono i taxa maggiormente affetti.La percentuale di specie non-indigene è maggiorenei vertebrati (29/92: 31.52%) che negli invertebrati(19/1389: 1.37%). Complessivamente, le specie nonindigenecontribuiscono per il 3.2% alla fauna presentenelle acque interne toscane (1481 specie secondostime di [1,2,4,16,18,19]). Il mollusco gasteropodeHelisoma anceps (Henrard 1968) e il crostaceo CopepodeApocyclops panamensis possono essere considerati«endemici alieni»: il primo è riportato comesporadico solo nella nostra regione [4], il secondo èstato individuato solo nel Lago di Massaciuccoli [3].Inoltre, in Toscana sono presenti 2 vertebrati (Oncorhynchusmykiss, Rattus norvegicus) e 4 invertebrati(Anguillicola crassus, Gyrodactylus salaris, Haitiaacuta e Potamopyrgus antipodarum) non-indigeni«pandemici».Dal confronto tra i 4 maggiori bacini della Toscana,l’Arno presenta il numero maggiore di specie aliene,seguito dal bacino dell’Ombrone-Fiora, del Serchio-Magra e del Tevere (G=26.57, df=3, P
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