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Revista de Letras - Utad

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La dimora, il caffè, il villaggio… 191dopo la morte <strong>de</strong>lla moglie amata, egli cerca di attuare una rottura <strong>de</strong>llacontinuità cronologica e spaziale in grado di ricostruire il passato addiritturaripristinandolo come presente attraverso la ricerca, in soffitta e in cantina, dioggetti che gli ricordino i suoi lunghi viaggi, come se affrontare la temporalità ela morte ren<strong>de</strong>sse possibile esorcizzarle.Nonostante tutto, però, il tempo passa, le trasformazioni – sia pure lente esotterranee – avvengono. Le notizie, per quanto attutite, arrivano fino al casarão,e tutto sembra improvvisamente cominciare a invecchiare. I silenzi si fanno piùlunghi e profondi, Judite inizia a notare come mai era accaduto prima i ritratti<strong>de</strong>gli antenati, i vecchi merletti creati da mani ormai scomparse, antichi oggettiimpolverati dimenticati sul fondo di una cassapanca. L’eccessiva concentrazione<strong>de</strong>lla casa, che doveva rappresentare uno strumento di difesa e il mezzo piùefficace per la sua conservazione, presenta a mano a mano <strong>de</strong>i risvolti negativi.La dimora comincia a manifestare una inattesa precarietà, rivelandosi ina<strong>de</strong>guataa esorcizzare le <strong>de</strong>vastazioni operate dal tempo. È così che i suoi abitantiiniziano a percepire forse anche inconsciamente che il rifugio si è ribaltato inprigione, incapace ormai di creare l’illusione <strong>de</strong>lla sopravvivenza <strong>de</strong>l propriopersonale microcosmo. Le mura domestiche appaiono ora un limite cheimpedisce ogni pulsione vitale, come peraltro già potevano lasciar presagirealcune immagini come le “subterrâneas noites <strong>de</strong> amor” – vissute da Judite ePedro in quello che in quel preciso momento si prospettava comunque comerifugio – o la luce fioca <strong>de</strong>l lume a petrolio (CR, 85). Ne consegue che ipersonaggi <strong>de</strong>l romanzo, a loro modo, cercano di sottrarsi a questa pericolosatrasformazione e al rischio <strong>de</strong>ll’immobilità totale, coinci<strong>de</strong>nte con l’esaurirsi<strong>de</strong>lla vita: o con un’eccessiva a<strong>de</strong>sione al richiamo <strong>de</strong>lla memoria nel tentativo,come vedremo, di padroneggiare il tempo, oppure con la ricerca <strong>de</strong>l movimento,il quale tuttavia a sua volta si rivelerà fittizio in quanto fine a se stesso epuramente illusorio. Judite effettua innumerevoli spostamenti all’interno <strong>de</strong>lladimora, sia attraversando corridoi e sale che scen<strong>de</strong>ndo ripetutamente in cantina,anche se di fatto continua a non uscire dalla Casa Gran<strong>de</strong> e soprattutto nonapproda mai in nessun luogo. Pedro, clan<strong>de</strong>stino, reagisce a ciò che lo opprimefuggendo da luoghi diversi, e l’erranza diviene per lui uno stile di vita in cui nonsono certo gli spazi chiusi a esercitare un richiamo irresistibile, ma piuttosto lospazio sensoriale, efficacemente studiato da Georges Matoré (Matoré 1976),rappresentato dai suoni e dagli odori <strong>de</strong>l porto e <strong>de</strong>l fiume, simboli evi<strong>de</strong>nti di un«altrove» da ricercare con tutte le proprie forze, capaci di guidare i suoi passiperfino nell’oscurità <strong>de</strong>l villaggio addormentato (“vagueou clan<strong>de</strong>stinamentepela noite vila-velhense. Foi até ao cais, matar sauda<strong>de</strong>s do cheiro do alcatrãonos cascos dos botes, do marulhar do rio, das can<strong>de</strong>ias dos batéis avieiros [...].Uma peregrinação.”, CR, 68). I protagonisti dunque non tentano più di rifiutare

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