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Uso razionale delle risorse nel florovivaismo: l'acqua - Demetra

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244 QUADERNO ARSIA 5/2004<strong>nel</strong>l’estate del 2003. L’emergenza idrica affliggeanche altre zone della Toscana, come la Val di Corniae la Maremma, in cui si prevede una significativaespansione <strong>delle</strong> colture florovivaistiche.In effetti, come già discusso <strong>nel</strong> Capitolo 1, quellodell’acqua costituisce uno dei problemi più importantitra quelli che si trovano a dover affrontare e risolverel’agricoltura e, in particolare, per i suoi elevatifabbisogni di acqua irrigua, il <strong>florovivaismo</strong>.Continuando ad esaminare il comparto, meritanoun minimo di discussione alcuni elementi peri loro possibili riflessi sulla diffusione <strong>delle</strong> tecnologiewater-saving.Da una parte, ci sono fattori che, pur per ragionidiverse, possono spingere verso una maggiorerazionalizzazione dell’irrigazione e della fertilizzazione.Ci riferiamo all’interesse crescente del mercatoper le cosiddette produzioni integrate e ai vincolidi stampo ambientalista che sempre più sono impostiai produttori agricoli (ad esempio, quelli della‘Direttiva Nitrati’). In effetti, oltre alla difesa antiparassitaria,<strong>nel</strong>le produzioni integrate giocano unruolo importante le tecniche di irrigazione e concimazione,in quanto è a queste due pratiche che deveessere attribuita la maggior parte dell’inquinamentodei corpi idrici provocato dalle colture florovivaistiche.L’impiego <strong>delle</strong> tecnologie water-savingpotrebbe, quindi, essere utilizzato, non tanto o nonsolo per rispettare quanto imposto da decreti eleggi, quanto per aumentare la competitività commercialedei prodotti così ottenuti, costituendo cosìun incentivo agli investimenti necessari. Inoltre, perlomenoper quanto riguarda la produzione <strong>delle</strong>piante in vaso in serra, alcune particolari tecniche(ad esempio, l’irrigazione a flusso e riflusso) consentonodi ridurre i costi di produzione grazie almaggior sfruttamento dello spazio-serra e alla riduzionedel fabbisogno di manodopera.Ostacoli, d’altra parte, all’aggiornamento tecnologicosono costituiti dallo scarso spirito di associazionismoche notoriamente caratterizza il settore,e da un insufficiente livello di assistenza tecnica.Le aziende e le imprese florovivaisticheSpesso si sente e si legge della ‘chiusura delmondo agricolo’ verso le innovazioni (soprattuttose di processo) o, ancor peggio, verso le politicheche mirano a sviluppare un’agricoltura sostenibile. Iltermine ‘chiusura’, però, si addice male e poco alleaziende florovivaistiche, proprio per la natura diproduzione market-oriented tipica <strong>delle</strong> piante ornamentali,siano queste piante o fiori recisi. Molteaziende hanno una connotazione tecnica e imprenditorialeche ricorda di più il settore industriale chenon l’agricoltura conosciuta dall’opinione pubblica.In molti casi i titolari, che sono innanzitutto coltivatoriparticolarmente capaci, sono persone dotatedi un buon livello culturale, acquisito sul campo, senon con il conseguimento di un diploma o di unalaurea. Molti florovivaisti, per necessità legate alproprio lavoro, viaggiano frequentemente all’estero,conoscono l’inglese e altre lingue straniere, e sonopertanto in grado di aggiornarsi anche aldilà deicanali tradizionali (riviste e manifestazioni fieristicheitaliane, più o meno specializzate), anche ingaggiandodei consulenti stranieri.Secondo quanto emerso dallo studio di R.Pagni (vedi Atti I Conferenza Florovivaismo inSito Internet del Progetto MPS(Milieu Project Sierteelt)sviluppato in Olanda per ridurrele ricadute ambientali<strong>delle</strong> produzioni florovivaistiche(www.st-mps.nl)

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