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Hermann Hesse - Il Giuoco Delle Perle Di Vetro - Altrestorie.net

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eccellenti non solo per la loro interiore grandezza ed<br />

energia, ma anche per l'apparente preferenza accordata<br />

loro dal destino. <strong>Il</strong> piccolo scorge nel grande ciò che è<br />

capace di scorgere, e in realtà la carriera e l'ascesa di<br />

Josef Knecht hanno per chiunque le osservi un insolito splendore, una velocità inusitata, un'apparente<br />

mancanza di sforzo, e considerando quel periodo della sua<br />

vita si sarebbe tentati di dire che ha avuto fortuna.<br />

Non cercheremo nemmeno di spiegare questa "fortuna" in modo razionale o morale, sia come<br />

conseguenza<br />

di circostanze esteriori, sia come una specie di ricompensa per le sue particolari virtù. La fortuna non ha<br />

niente a che vedere né con la ragione né con la morale, è per sua natura un che di magico, rispondente<br />

a un grado primordiale e giovanile dell'umanità. L'ingenuo felice, il pupillo delle fate, il viziato dagli dei<br />

non costituisce oggetto di considerazione razionale né<br />

può essere quindi soggetto di biografia, ma è un simbolo che sta al di là della persona e della storia.<br />

Perciò<br />

esistono uomini eminenti la cui vita non è pensabile<br />

senza la "fortuna", quando anche questa consista nel<br />

farli incontrare, nella storia e nella biografia, col compito loro adeguato, nel farli nascere né troppo presto<br />

né troppo tardi. Knecht appare uno di questi. Osservando la sua vita, almeno per un tratto si ha<br />

l'impressione che tutte le cose desiderabili gli siano cadute in<br />

grembo da sé. Non negheremo questo aspetto né intendiamo ignorarlo. D'altro canto potremmo spiegarlo<br />

razionalmente soltanto con un metodo biografico che<br />

non è il nostro, né quello desiderato o permesso in<br />

Castalia, entrando cioè quasi illimitatamente nel mondo personale e privato, nello stato di salute o di<br />

malattia, nelle curve e oscillazioni del sentimento vitale<br />

e personale. Noi siamo convinti che una tale forma<br />

di biografia lontana da noi ci condurrebbe a dimostrare un perfetto equilibrio tra la "fortuna" e i dolori<br />

di Knecht, ma ciò nonostante falserebbe la visione<br />

della sua figura e della sua vita.<br />

Dopo questa digressione ritorniamo a noi. Abbiamo<br />

detto che Knecht era invidiato da molta gente che lo<br />

conosceva o aveva soltanto sentito parlare di lui. Nulla<br />

però nella sua vita sembrò ai più piccoli di lui invidiabile quanto la sua relazione col vecchio padre<br />

benedettino, la quale era a un tempo rapporto di allievo<br />

e di maestro e consisteva nel dare e ricevere, nell'essere conquistato e conquistare, nell'essere amicizia e<br />

intima comunione di lavoro. Del resto Knecht stesso<br />

non ebbe altrettanta gioia da nessuna delle sue conquiste dopo quella del Fratello Maggiore nel boschetto<br />

di bambù, e da nessuna si sentì altrettanto onorato e<br />

umiliato, arricchito e spronato. I prediletti tra gli allievi che ebbe in seguito sono concordi nell'attestare<br />

quanto spesso, quanto volentieri e con quanta gioia<br />

egli discorresse di padre Jacobus. Da lui Knecht imparò ciò che forse non avrebbe potuto imparare nella<br />

Castalia di allora: apprese non solo la visione generale<br />

dei metodi e dei mezzi di conoscenza e d'indagine storica e fece un primo esercizio nella loro<br />

applicazione<br />

ma andò al di là e visse la storia non come materia<br />

scientifica, bensi come realtà vivente: e per giungere<br />

a ciò occorre trasformare e potenziare la propria esistenza personale sino a farla divenire storia. Tutto ciò<br />

Knecht non avrebbe potuto impararlo da un puro e<br />

semplice scienziato. L'erudito Jacobus era non soltanto<br />

un veggente e sapiente, ma anche un uomo che partecipava alla vita e contribuiva a crearla, tanto è vero<br />

che non si era servito della posizione assegnatagli dal<br />

destino per crogiolarsi in un benessere contemplativo,<br />

ma aveva aperto la finestra del mondo e accolto in<br />

cuore i bisogni e le intuizioni del suo tempo; aveva<br />

collaborato alla storia, assumendosi la sua parte di<br />

colpa e di responsabilità e si era dedicato a chiarire,<br />

ordinare e interpretare avvenimenti di un lontano passato occupandosi non solo di idee ma - e in misura<br />

non minore - della renitenza della materia e degli<br />

uomini. Insieme con un gesuita morto da parecchio<br />

tempo, suo aiutante e antagonista, fu considerato il<br />

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