Hermann Hesse - Il Giuoco Delle Perle Di Vetro - Altrestorie.net
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delle vette, le voci delle scimmie s'incrociavano in un<br />
gentile intreccio dolcemente luminoso, simile alla luce<br />
fra i tronchi, così arrivavano, si fondevano e si scioglievano gli odori, i profumi di fiori e legni, di foglie<br />
e muschi, di acque e animali, di frutti e muffe, odori<br />
aspri e dolci, teneri e selvatici, eccitanti e soporiferi,<br />
confortevoli e deprimenti. Qui in invisibili forre un'acqua scrosciava, là una farfalla di velluto verde,<br />
picchiettata di nero e di giallo, danzava sopra candidi<br />
corimbi, ogni tanto un ramo scricchiolava nell'ombra<br />
azzurra degli alberi, le fronde gravavano sulle fronde,<br />
un cervo mandava il suo bramito nel buio o una scimmia rissosa litigava con le altre. Dasa dimenticò la<br />
ricerca del miele e mentre stava ad ascoltare alcuni<br />
uccellini minuscoli e guizzanti vide tra alte felci, che<br />
formavano un fitto boschetto nel bosco grande, una<br />
traccia che vi si perdeva, un tratturo, una stretta viottola, c quando cauto e silenzioso si avviò per quel<br />
sentiero scoprì sotto un albero ramoso una capannuccia, una specie di tenda di felci a forma di guglia, e<br />
Iì accanto, seduto a terra col busto eretto, un uomo<br />
immobile, con le mani fra i piedi incrociati e sotto la<br />
larga fronte, coperta di capelli bianchi, due occhi senza<br />
sguardo, bassi, schiusi ma assorti in una visione interiore. Dasa capì che si trattava di un santo yoghino,<br />
non era il primo che vedeva; erano uomini venerandi,<br />
prediletti dagli dèi, ed era opportuno offrire loro qualche dono e avvicinarli con rispetto. Questo però che<br />
davanti alla capanna di felci, così bene nascosta, sedeva<br />
col corpo eretto e le braccia abbandonate, immerso<br />
nelle sue meditazioni, piacque più che mai al ragazzo<br />
e gli sembrò più strano e venerando di altri che<br />
aveva visti. Pur con quell'atteggiamento come sospeso<br />
e a onta dello sguardo remoto, vedeva e sapeva tutto,<br />
era circondato da un'aura di santità, da un cerchio<br />
incantato e solenne, da un'onda incandescente di fervore raccolto e di energie yoga che il ragazzo non<br />
avrebbe mai osato attraversare o infrangere con un<br />
saluto o con un grido. La dignità e la statura del personaggio, la luce interiore che irradiava dal suo viso,<br />
il raccoglimento e la bronzea impassibilità del volto<br />
mandavano raggi e onde al cui centro egli troneggiava<br />
come una luna; e la potenza spirituale accumulata, la<br />
volontà raccolta nella sua persona, tracciavano intorno<br />
a lui un tale circolo magico che si capiva come costui,<br />
senza neanche sollevare lo sguardo, col solo pensiero<br />
o con un desiderio fosse capace di uccidere una persona e di richiamarla in vita.<br />
Più immobile di un albero che pure si muove respirando con le foglie e coi rami, immobile come un<br />
idolo di pietra, il yoghino se ne stava seduto; e altrettanto immobile, dal momento in cui l'aveva visto, si<br />
manteneva il fanciullo, quasi abbarbicato al suolo,<br />
messo in ceppi e magicamente attratto da quella visione. Fissando il maestro gli vide sulla spalla un<br />
occhio di sole, una macchia di luce solare sulle mani<br />
abbandonate, vide quelle macchie muoversi lentamente<br />
e altre formarsi e nel suo stupore incominciò a intuire<br />
che quegli occhi di sole non avevano niente a che<br />
vedere con l'uomo, né c'entravano il cinguettare degli<br />
uccelli e le voci delle scimmie né la bruna ape silvestre che posatasi sul viso dell'asceta ne fiutò la pelle,<br />
percorse per un tratto una guancia e riprese il volo,<br />
né tutta la vita molteplice della foresta. Tutto ciò che<br />
gli occhi vedono, che le orecchie odono, tutto ciò che<br />
è bello o brutto, piacevole o pauroso, tutto era fuori<br />
di ogni rapporto con quel santo, la pioggia non lo<br />
avrebbe infreddolito né disturbato, il fuoco non poteva arderlo, il mondo intero intorno a lui non era<br />
che superficie priva d'importanza. Dasa, il principe<br />
pastore, ebbe l'impressione che davvero il mondo potesse essere soltanto giuoco e superficie, soffio di<br />
vento<br />
e increspatura d'acque sopra ignoti abissi: e questo<br />
non fu un ragionamento, ma piuttosto un brivido fisico<br />
e una lieve vertigine, un senso di orrore e di pericolo<br />
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