Hermann Hesse - Il Giuoco Delle Perle Di Vetro - Altrestorie.net
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le impressioni dei sensi sono per i ricordi un più profondo sostrato dei migliori sistemi e metodi di<br />
pensiero.<br />
<strong>Il</strong> mago della pioggia era uno dei pochi che esercitassero una professione, che avessero sviluppato un'arte<br />
e facoltà particolari, ma la sua vita quotidiana non<br />
era molto diversa, almeno esteriormente, da quella di<br />
tutti gli altri. Egli era un alto funzionario, con una<br />
certa autorità, riceveva offerte e compensi dalla sua<br />
gente ogni qualvolta aveva da fare per il bene comune,<br />
ma ciò avveniva soltanto in determinate occasioni. La<br />
sua funzione più importante e più solenne, anzi sacra,<br />
era quella di determinare in primavera il giorno della<br />
semina di ogni specie di erbe e frutta. Lo faceva considerando attentamente la luna, un po' secondo norme<br />
ereditate, un po' per esperienza propria. Ma l'atto solenne dell'apertura delle sementi, l'atto di spargere la<br />
prima manciata di grano e di semi nel terreno comune<br />
non faceva parte del suo ufficio. Nessun uomo era di<br />
grado così elevato da poterlo fare, ma ogni anno vi<br />
provvedeva l'avola stessa o la sua parente più anziana.<br />
<strong>Il</strong> maestro diventava la persona più importante del<br />
villaggio soltanto nei casi in cui doveva veramente<br />
fare la pioggia. Ciò accadeva quando una siccità insistente o l'acqua o il freddo insidiavano le campagne<br />
e minacciavano la carestia. Allora Turu doveva applicare i mezzi che usavano contro la siccità e il cattivo<br />
raccolto: sacrifici, scongiuri, processioni. Quando ogni<br />
rimedio era vano contro il secco ostinato o le piogge<br />
interminabili, e gli spiriti non si lasciavano convincere<br />
né dalle preghiere, né dalle minacce, c'era ancora secondo la leggenda un ultimo rimedio infallibile che<br />
le madri e le nonne avrebbero talvolta adottato: il<br />
sacrificio dello stesso mago della pioggia per mano<br />
della comunità. L'avola aveva assistito, si diceva, a<br />
uno di questi casi.<br />
Oltre a badare al tempo, il maestro aveva anche una<br />
specie di pratica privata in quanto evocava spiriti,<br />
fabbricava amuleti e rimedi magici e talvolta faceva il<br />
medico, ove ciò non fosse riservato all'avola. Nel resto<br />
maestro Turu conduceva la vita di tutti gli altri. Aiutava, quando era il suo turno, a coltivare il terreno<br />
comune e aveva anche intorno alla sua capanna un proprio orticello, coglieva frutta, funghi, legna da ardere<br />
e ne curava la conservazione. Andava a caccia, a pesca,<br />
e teneva una capra o due. Come agricoltore era uguale<br />
agli altri, come cacciatore, pescatore e cercatore d'erbe<br />
non era uguale a nessuno. In questo era un genio solitario e godeva fama di essere a conoscenza d'una<br />
quantità di astuzie naturali e magiche, di vantaggi e rimedi.<br />
Nessun animale che incappasse in un suo laccio di<br />
vimini poteva più fuggire; l'esca per i pesci diventava<br />
più saporita grazie ai suoi ingredienti particolari; sapeva catturare i gamberi, e certa gente credeva che<br />
comprendesse il linguaggio di alcuni animali. Ma il<br />
suo campo vero e proprio era quello della scienza<br />
magica: osservare la luna e gli astri, pronosticare il<br />
tempo, presentire la crescita, «cuparsi di tutto ciò che<br />
avesse attinenza con la magia. Era dunque un grande<br />
conoscitore e raccoglitore di quei prodotti del mondo<br />
animale e vegetale che potevano servire da farmachi<br />
e veleni, recare benefici o proteggere dagli spiriti maligni. Conosceva e trovava qualunque erba, anche la<br />
più rara, sapeva dove e quando fioriva e fruttificava e<br />
quando fosse il momento di estrarne la radice. Conosceva e trovava tutte le specie di rettili e rospi, sapeva<br />
usare corna, unghie, peli, s'intendeva di deformità, di<br />
mostri e aborti, di bernoccoli, bitorzoli e verruche sul<br />
legno, sulle foglie, sul grano, sulle noci, su corni e<br />
zoccoli.<br />
Knecht aveva più da imparare coi sensi, con mani e<br />
piedi, con occhi e orecchie, col tatto e con l'olfatto che<br />
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