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Hermann Hesse - Il Giuoco Delle Perle Di Vetro - Altrestorie.net

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il desiderio di distinguersi il meno possibile dagli altri, di adattarsi interamente agli usi e costumi e<br />

persino di ascoltare i racconti piuttosto noiosi di sua moglie e delle vicine sulla vita, la salute e l'attività della<br />

gente. Nei periodi buoni, invece, stava poco in casa,<br />

vagabondava per il paese, andava a caccia e a pesca,<br />

cercava radici, si buttava nell'erba o andava a sedersi<br />

sugli alberi, spiava e fiutava, imitava le voci degli animali, accendeva piccoli fuochi e confrontava le<br />

forme<br />

del fumo con quelle delle nubi, imbeveva pelle e capelli di nebbia e pioggia, d'aria, di sole o chiaro di<br />

luna,<br />

e, come aveva fatto sempre Turu, il suo maestro e predecessore, raccoglieva oggetti che per la loro natura<br />

e il loro aspetto pareva appartenessero a regni diversi<br />

dove la sapienza o il capriccio della natura rivelavano<br />

in parte le regole del SUO giuoco e i misteri della creazione e dove elementi diversissimi apparivano uniti<br />

simbolicamente come, ad esempio, nodi di rami con<br />

facce di uomini o di bestie, ciottoli levigati con venature simili a quelle del legno, forme animali<br />

pietrificate, di epoche lontane, noccioli di frutta mostruosi o<br />

raddoppiati, sassi in forma di rene o di cuore. Leggeva i disegni delle foglie, i reticoli tracciati sulla<br />

capocchia d'un fungo e vi intuiva misteri spirituali,<br />

possibilità future: la magia dei segni, il presentimento<br />

del numero e della scrittura, la costrizione dell'infinito<br />

e del multiforme nella semplicità, nel sistema, nel concetto. Tutte queste possibilità di afferrare il mondo<br />

mediante lo spirito erano certo in lui, senza nome<br />

bensì, ma non inavvertite, non insospettabili, ancora<br />

germi e gemme, ma parte della sua essenza, sue e intente a crescere organicamente dentro di lui. E se<br />

anche, al di là di questo mago della pioggia e del suo<br />

tempo che a noi sembra primitivo, potessimo risalire<br />

di altri millenni, incontreremmo, ne siamo convinti,<br />

dappertutto insieme con l'uomo anche lo spirito che<br />

è senza principio e ha sempre contenuto tutto ciò che<br />

abbia mai prodotto in seguito.<br />

Non fu dato a Knecht di eternare le sue intuizioni<br />

o di avvicinarle alla dimostrazione della quale però,<br />

secondo lui, non avevano neanche bisogno. Non diventò infatti uno dei numerosi inventori della scrittura<br />

e della geometria, né della medicina o dell'astronomia.<br />

Rimase un anello ignorato della catena, ma un anello<br />

indispensabile come tutti gli altri. Trasmise ciò che<br />

aveva ricevuto, non senza aggiungervi qualche nuova<br />

conquista, frutto delle sue battaglie. Anche lui infatti<br />

ebbe discepoli. Con l'andar degli anni istruì due apprendisti facendone maghi della pioggia, uno dei quali<br />

divenne il suo successore.<br />

Per molti anni esercitò il suo mestiere solo e inos- ,<br />

servato e quando, non molto tempo dopo quella grande<br />

carestia, un giovane incominciò a stargli vicino, a fargli la posta, a seguirlo, facendo capire che aspirava<br />

alla carica di mago della pioggia, notò con una certa<br />

malinconia nel cuore il ritorno della sua grande esperienza giovanile e per la prima volta provò il<br />

sentimento meridiano, severo, commosso e gradevole a un<br />

tempo, che la gioventù era passata, superato ìl meriggio, nato il frutto dal fiore. E - non l'avrebbe mai<br />

creduto - si comportò con quel ragazzo esattamente<br />

come il vecchio Turu aveva fatto con lui. Quel contegno riservato, evasivo, dilatorio gli si manifestò<br />

spontaneo, per istinto, senza che fosse un'imitazione di maestro Turu o frutto di considerazioni di natura<br />

morale<br />

e pedagogica come, per esempio, la necessità di esaminare a lungo il giovane per vedere se facesse<br />

abbastanza sul serio o di non facilitare a nessuno l'iniziazione ai misteri, di rendergli invece la strada molto<br />

difficile, e così via. Knecht era coi suoi apprendisti<br />

come qualunque erudito solitario e già alquanto anziano è con i suoi allievi e con gli ammiratori:<br />

imbarazzato, evasivo, pronto a ritrarsi, impensierito per<br />

la sua bella libertà e solitudine, per il vagabondaggio<br />

nelle foreste, per la libera caccia, pieno di amore geloso<br />

per tutte le sue consuetudini e passioni, meditazioni e<br />

segreti. Non abbracciò affatto il timido giovane che gli<br />

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