Hermann Hesse - Il Giuoco Delle Perle Di Vetro - Altrestorie.net
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dell'oro ed è divino, beato, radioso, di bellezza primaverile; poi si ammala e degenera sempre più, diventa<br />
rozzo e meschino e alla fine di quattro periodi<br />
universali, sempre più declinanti, è maturo per essere<br />
calpestato e distrutto da Shiva ridente e danzante...<br />
Ma non per questo finisce; anzi ricomincia col sorriso<br />
di Vishnu sognante che col giuoco delle mani crea un<br />
mondo nuovo, giovane, bello, luminoso. E incredibile:<br />
quel popolo intelligente e capace di soffrire come forse<br />
nessun altro ha assistito con raccapriccio e vergogna<br />
al giuoco crudele della storia universale, al perpetuo<br />
giro della ruota delle brame e del dolore, ha visto<br />
quanto sia caduco il creato, ha compreso l'avidità diabolica dell'uomo e a un tempo il suo profondo<br />
desiderio di purezza e armonia, e per tutta la bellezza e la<br />
tragedia della creazione ha inventato quelle stupende<br />
similitudini delle età del mondo e della decadenza del<br />
creato, del potente Shiva che danzando frantuma il<br />
mondo degenerato e del sorridente Vishnu che giace<br />
nel sonno e giocando fa risorgere un mondo nuovo dai<br />
sogni dorati degli dèi.<br />
«Ora la nostra serenità castalia potrà essere soltanto una tarda e piccola varietà di quella, ma è<br />
perfettamente legittima. L'erudizione non è stata sempre<br />
e dovunque serena, anche se dovrebbe esserlo. Da noi<br />
lo è, perché è culto della verità strettamente collegato<br />
col culto della bellezza e, inoltre, con la psicoterapia<br />
meditativa, per la qual ragione non può mai perdere<br />
interamente la serenità. <strong>Il</strong> nostro <strong>Giuoco</strong> delle perle<br />
di vetro assomma in sé i tre princìpi: scienza; venerazione del bello e meditazione, di modo che un<br />
autentico giocatore di perle dovrebbe essere impregnato di<br />
serenità come un frutto maturo del suo dolce succo,<br />
e anzitutto dovrebbe avere in sé la serenità della musica, la quale non è altro che coraggio, passo sereno e<br />
danza sorridente attraverso gli orrori e le fiamme del<br />
mondo, festosa offerta d'un sacrificio. Questa specie di<br />
serenità mi fu cara da quando, scolaro e studente, incominciai a intuirla e a comprenderla, e mai più la<br />
abbandonerò neanche nella sventura e nel dolore.<br />
«Ora andiamo a dormire, domani all'alba partirai.<br />
Ritorna presto a parlarmi ancora di te, anch'io ti dirò<br />
molte cose: apprenderai che anche a Waldzell e nella<br />
vita di un Magister ci sono delusioni, perplessità e<br />
persino tormenti disperati. Adesso però vorrei che tu<br />
portassi con te un po' di musica. La vista del cielo stellato e un brano di musica prima di coricarsi valgono<br />
più di tutti i tuoi sonniferi.»<br />
Sedette ed eseguì in pianissimo un tempo di quella<br />
sonata di Purcell che era un pezzo preferito di padre<br />
Jacobus. Come gocce di luce dorate le note cadevano<br />
nel silenzio, tanto sommesse che si riusciva a udire<br />
ancora il canto dell'antica fontana nel cortile. Dolci<br />
e severe, moderate e soavi s'incontravano e intrecciavano le voci di quella musica leggiadra, serenamente<br />
attraversavano con la loro fervida danza il nulla del<br />
tempo fugace, rendevano vasti come l'universo lo spazio e l'ora notturna, e quando Josef Knecht congedò<br />
l'ospite questi aveva il volto mutato e chiaro, e gli<br />
occhi gonfi di pianto.<br />
PREPARATIVI<br />
Da quando Knecht aveva saputo rompere il ghiaccio,<br />
tra lui e Designori incominciò uno scambio vivace, con<br />
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