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Hermann Hesse - Il Giuoco Delle Perle Di Vetro - Altrestorie.net

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del rogo. Quando giunsero nella radura il mago della<br />

pioggia fu messo nel mezzo e intorno a lui si formò<br />

un breve cerchio, mentre più al largo la folla si accalcava in un circolo più ampio. Siccome tutti<br />

osservavano<br />

un silenzio impacciato e indeciso, Knecht stesso prese<br />

la parola. «Io sono stato il vostro mago della pioggia e per molti anni ho fatto il mio dovere meglio che<br />

ho potuto. Ora i demoni sono contro di me e nulla più<br />

mi riesce. Perciò mi sono offerto al sacrificio. Ciò serve<br />

a placare i demoni. Mio figlio Turu sarà il vostro nuovo<br />

mago della pioggia. Ora uccidetemi e quando sarò<br />

morto eseguite esattamente le prescrizioni di mio figlio.<br />

Addio. Ma chi mi ucciderà? Propongo Maro íl tamburo, che sarà certo l'uomo adatto.»<br />

Tacque e nessuno si mosse. Turu, rosso paonazzo<br />

sotto il pesante casco di pelo, girò intorno uno sguardo<br />

addolorato mentre suo padre atteggiava le labbra a una<br />

espressione ironica. Infine la vecchia madre batté un<br />

piede, chiamò Maro e gli comandò: «Avanti dunque!<br />

Prendi la scure e sbrigati!». Maro, con la scure in<br />

mano, si mise davanti al suo maestro d'una volta odiandolo più che mai, perché l'ironia su quelle vecchie<br />

labbra suggellate gli dava molto fastidio. Alzò la scure<br />

la agitò sopra la testa prendendo la mira, fissò la vittima e aspettò che chiudesse gli occhi. Ma Knecht non<br />

Io fece, anzi li tenne bene aperti, guardando l'uomo<br />

armato con viso quasi impassibile, e quel poco di<br />

espressione che c'era oscillava tra l'ironia e la compassione.<br />

Maro, preso dalla stizza, buttò via la scure. «Non<br />

voglio» mormorò, attraversò il circolo dei maggiorenti<br />

e si perdette tra la folla. Alcuni ridacchiarono. La vecchia era impallidita per la collera contro quel Maro<br />

vile e disutile non meno che contro l'altezzoso mago<br />

della pioggia. Con un cenno chiamò uno degli anziani, un uomo quieto e venerando che se ne stava<br />

appoggiato all'ascia e pareva quasi imbarazzato da quella scena disgustosa. Questi venne avanti, fece un<br />

cenno<br />

cortese alla vittima; si conoscevano fin da ragazzi, e<br />

ora Knecht chiuse volentieri gli occhi e chinò la testa.<br />

<strong>Il</strong> vecchio lo percosse con l'ascia e Knecht si abbatté<br />

a terra.<br />

Turu, il nuovo mago della pioggia, incapace di<br />

pronunciare una parola, ordinò coi gesti ciò che era<br />

necessario e poco dopo fu ammucchiata una catasta<br />

sulla quale il morto venne adagiato. <strong>Il</strong> rito solenne di<br />

frugare nel fuoco coi due legni consacrati fu il primo<br />

atto ufficiale di Turu.<br />

GLI SCRITTI POSTUMI DI JOSEF KNECHT.<br />

IL CONFESSORE.<br />

Era l'epoca in cui era ancora in vita sant'<strong>Il</strong>ario, sia<br />

pure di età molto avanzata. E nella città di Gaza<br />

viveva allora un tale chiamato Josephus Famulus il<br />

quale fino ai trent'anni o più in là aveva condotto vita<br />

mondana e studiato i libri dei gentili, finché una donna<br />

da lui insidiata gli aveva fatto conoscere gli insegnamenti divini e la dolcezza delle virtù cristiane. Poi<br />

Josephus aveva ottenuto il santo battesimo rinnegato<br />

solennemente i suoi peccati e studiato alcuni anni presso il prete della sua città, ascoltando con particolare<br />

zelo i cari racconti della vita degli eremiti nel deserto:<br />

e un bel giorno, a circa trentasei anni, imboccò la<br />

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