Hermann Hesse - Il Giuoco Delle Perle Di Vetro - Altrestorie.net
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disse <strong>Di</strong>one con voce tranquilla. «Noi siamo credenti<br />
perché compresi della fede, cioè della potenza del Redentore e della sua morte per noi. Quegli altri<br />
invece,<br />
quei mitologi e teologi dello zodiaco e delle antiche<br />
dottrine, non sono stati ancora conquistati da questa<br />
potenza e a noi non è dato di costringerli ad esserne<br />
compresi. Non hai notato come quel mitologo sapesse<br />
chiacchierare con garbo e abilità combinando i suoi<br />
giuochi d'immagini e come si sentisse soddisfatto, come<br />
vivesse in pace e armonia nella sapienza delle immagilU e dei simboli? Ebbene, è segno che non è<br />
premuto da alcuna sofferenza, che vive contento e sta<br />
bene. A uomini che stanno bene noialtri non abbiamo<br />
niente da dire. Perché uno si trovi nella necessità di<br />
essere redento e di credere, perché perda la gioia della<br />
sapienza e dell'armonia dei suoi pensieri e si sobbarchi<br />
al grande rischio della fede nel miracolo della Redenzione deve incominciare a star male, molto male,<br />
deve<br />
aver incontrato delusioni e dolori, amarezze e disperazioni, deve essersi trovato con l'acqua alla gola. Via,<br />
Giuseppe, lasciamo questo pagano erudito nel suo<br />
benessere, lasciamogli la felicità della sua sapienza,<br />
del suo pensiero, della sua eloquenza! Può darsi che<br />
domani, tra un anno, tra dieci anni, incontri il dolore<br />
che manderà in pezzi la sua arte e la sua sapienza, può<br />
darsi che gli ammazzino la moglie della quale è innamorato o l'unico figlio, o cada in povertà e si<br />
ammali:<br />
se allora avremo la ventura d'incontrarlo di nuovo, ci<br />
prenderemo a cuore il caso suo e gli spiegheremo in<br />
che modo abbiamo tentato di sgominare il dolore. Se<br />
allora dovesse domandarci: perché non me l'avete detto<br />
ieri, perché non dieci anni fa?, gli risponderemo: allora<br />
non stavi ancora abbastanza male.»<br />
Si era fatto serio e tacque un istante. Poi, come<br />
immerso in sogni e ricordi, soggiunse: «Una volta io<br />
stesso giocavo e mi divertivo con le saggezze dei padri<br />
e anche quando già ero incamminato per la via della<br />
Croce provavo spesso molta gioia, ma anche parecchio<br />
dolore a occuparmi di teologia. <strong>Il</strong> mio pensiero si aggirava specialmente intorno alla creazione del mondo<br />
e<br />
al fatto che al termine della creazione tutto avrebbe<br />
dovuto essere buono poiché si legge: "<strong>Di</strong>o vide tutto<br />
ciò che aveva fatto ed ecco tutto era molto buono".<br />
In realtà fu buono e perfetto solo un momento, il<br />
momento del Paradiso, e già in quello successivo la<br />
perfezione si era incrinata con la colpa c la fuga perché Adamo aveva mangiato il frutto dell'albero che<br />
gli era vietato. Ci furono dottrine che affermavano:<br />
quel <strong>Di</strong>o che ha fatto la creazione e corl essa Adamo<br />
e l'albero della conoscenza non è il <strong>Di</strong>o unico e supremo, ma soltanto una parte di lui, il Demiurgo; la<br />
creazione non è buona ma riuscita male, e per un'era<br />
del mondo le cose create sono maledette e date in<br />
balia al Maligno finché lui stesso, l'unico <strong>Di</strong>o e spirito, non abbia deciso di metter fine per opera di suo<br />
Figlio all'era maledetta. Da quel momento (così insegnavano e così pensavo anch'io) è incominciata la<br />
morte<br />
del Demiurgo e della sua creazione e il mondo morirà<br />
sfiorendo a poco a poco finché in una nuova era non<br />
ci saranno più la creazione né il mondo né la carne,<br />
né brame e peccati, né il generare, né il partorire e<br />
morire carnale, ma sorgerà invece un mondo perfetto,<br />
spirituale e redento, libero dalla maledizione di Adamo, libero dalla perpetua costrizione di desiderare,<br />
generare, partorire e morire. Noi davamo la colpa dei<br />
mali presenti nel mondo più al Demiurgo che al primo<br />
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