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Hermann Hesse - Il Giuoco Delle Perle Di Vetro - Altrestorie.net

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lo guardò in viso e cercò di scoprire quali trasformazioni fossero state causa del mancato riconoscimento.<br />

Anche durante la seduta il suo sguardo si posò più<br />

volte su quel viso che gli era stato così familiare. Designori però gli aveva rivolto la parola col voi e col<br />

titolo di Magister, sicché Knecht dovette pregarlo due<br />

volte prima che quello si risolvesse a parlargli come<br />

una volta e a dargli ancora del tu.<br />

A suo tempo, Knecht aveva visto in Plinio un giovane impetuoso e allegro, comunicativo e brioso, un<br />

buon allievo e nello stesso tempo un uomo di mondo<br />

che si sentiva superiore ai giovani asceti della Castalia e spesso si divertiva a provocarli. Forse un po'<br />

vanesio, ma di animo aperto, senza meschinità, per la<br />

maggior parte dei suoi coetanei interessante, attraente<br />

e amabile, anzi per alcuni affascinante in virtù del<br />

bell'aspetto, della sicurezza di sé e per quell'aroma di<br />

terra lontana che lo circondava in quanto ospite e<br />

non castalio. Quando, alcuni anni dopo, verso la fine<br />

degli studi lo aveva riveduto, Knecht ne era rimasto<br />

deluso trovandolo più superficiale, più grossolano e<br />

privo di tutto il fascino d'un tempo. Perciò si erano<br />

separati con imbarazzo e freddezza. Ora invece pareva<br />

un altro. Soprattutto sembrava che avesse interamente<br />

abbandonato o perduto la sua allegria, la gioia di comunicare, di discutere, di conversare, il suo carattere<br />

energico, espansivo e cattivante. Come incontrando<br />

l'antico compagno non si era fatto notare e non aveva<br />

salutato per primo, come, pronunciati i loro nomi, non<br />

si era rivolto al Magister dandogli del tu e aveva accettato soltanto con riluttanza il cordiale invito in<br />

propOsito, così, anche nel suo atteggiamento, nello<br />

sguardo, nel modo di parlare, nell'espressione del viso<br />

e nei gesti l'aggressività d'una volta, la franchezza e<br />

l'entusiasmo erano stati soppiantati da un ritegno o<br />

depressione che fosse, da un riserbo e da una sostenutezza, da una specie di titubanza o perplessità che<br />

forse poteva essere anche soltanto stanchezza. <strong>Il</strong> fascino della gioventù vi era spento e sommerso, ma<br />

d'altro canto mancavano anche i tratti della superficialità e della mondanità troppo rude. Tutta la persona,<br />

ma specialmente il viso pareva ora segnato e in parte<br />

distrutto, in parte nobilitato dall'espressione del dolore. E mentre il Maestro del <strong>Giuoco</strong> delle perle<br />

seguiva il dibattito, una parte della sua attenzione era<br />

sempre rivolta all'amico, chiedendosi di quale natura<br />

potesse essere il dolore che dominava e aveva segnato<br />

quell'uomo già così vivace, bello e contento di vivere.<br />

Doveva essere un dolore lontano, a lui sconosciuto, e<br />

quanto più egli s'immergeva in queste ricerche e riflessioni, tanto più si sentiva attratto con simpatia e<br />

pietà<br />

verso il sofferente, anzi in quella sua pietà e in quell'affetto s'insinuava l'impressione di dovere qualcosa a<br />

quel così triste amico di giovinezza, qualche riparazione. Dopo aver fatto e ripudiato alcune ipotesi sulla<br />

causa della tristezza di Plinio, gli venne l'idea che il<br />

dolore impresso su quel volto non fosse di origine volgare, ma fosse un dolore nobile, forse tragico, e la<br />

sua espressione fosse di una specie ignota in Castalia,<br />

e ricordò di aver visto talvolta qualcosa di analogo in<br />

visi non castalii ma di uomini di mondo, sia pure in<br />

misura meno forte e attraente. L'aveva notato anche<br />

nei ritratti di personaggi del passato, di certi eruditi o<br />

artisti, dove si poteva leggere una tristezza, un abbandono, un imbarazzo commovente, tra morboso e<br />

fatale.<br />

Per il Magister, che possedeva un così fine senso artistico rispetto ai misteri dell'espressione e un così<br />

vivo<br />

senso pedagogico dei caratteri, esistevano da un pezzo<br />

indizi fisionomici nei quali, sia pure senza farne un<br />

sistema, aveva una fiducia istintiva: per lui, ad esempio, esistevano un modo tipicamente castalio e uno<br />

tipicamente mondano di ridere, sorridere ed essere<br />

sereni, e cosi anche una maniera mondana di soffrire<br />

o di essere tristi. Ora nel viso di Designori gli parve<br />

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