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Hermann Hesse - Il Giuoco Delle Perle Di Vetro - Altrestorie.net

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si avvicinò curioso e umile, non lo aiutò affatto a vincere la timidezza e non considerò premio e piacere,<br />

riconoscimento e trionfo il fatto che finalmente il mondo degli altri gli avesse mandato un messaggero e<br />

una<br />

dichiarazione d'amore, che qualcuno lo corteggiasse, gli<br />

si mostrasse affezionato e affine e al pari di lui si sentisse chiamato a servire il mistero. Anzi, sulle prime<br />

provò un senso di molestia, si vide leso nei suoi diritti<br />

e turbato nelle abitudini, depredato di quell'indipendenza che soltanto ora comprese quanto gli fosse cara;<br />

recalcitrò e sviluppò tutta la sua astuzia per nascondersi, far perdere le sue tracce, prendere il largo e<br />

non farsi trovare. Ma anche qui si ripeté il caso di<br />

Turu: l'insistenza del giovane nel circuirlo gli toccò a<br />

poco a poco il cuore, smorzò lentamente la sua resistenza e quanto più il giovane guadagnava terreno,<br />

tanto più imparò ad aprirgli l'animo, ad approvare il<br />

suo desiderio, ad accettare le sue attenzioni e a scorgere nel nuovo, spesse volte molesto dovere<br />

pedagogico l'ineluttabile volontà della sorte e dello spirito.<br />

Sempre più fu costretto ad allontanarsi dal sogno, dal<br />

godimento delle infinite possibilità, dal senso del multiforme avvenire. Anziché sognare il progresso<br />

infinito<br />

e la somma di ogni sapienza, si trovò davanti un allievo, una realtà piccola, vicina ed esigente, un intruso<br />

e guastafeste inevitabile, l'unica via che portasse a un<br />

futuro reale, l'unico dovere importante, l'unico sentiero dove la vita e le gesta del mago della pioggia,<br />

i suoi pensieri e i suoi presentimenti potevano sfuggire<br />

alla morte e sopravvivere in una gemmula nuova. Vi si<br />

adattò a denti stretti, tra un sospiro e un sorriso.<br />

Ma anche in questo campo importante del suo ufficio, nel tramandare le tradizioni e allevare un<br />

successore, il mago della pioggia dovette subire una gravissima e amara delusione. <strong>Il</strong> primo apprendista che<br />

cercò di conquistare il suo favore, e dopo lunga attesa<br />

lo ebbe per maestro, si chiamava Maro, era sottomesso<br />

e cattivante e per molto tempo si mostrò molto devoto,<br />

ma qualche cosa gli mancava, soprattutto il coraggio;<br />

aveva paura della notte e del buio e cercava di nascondersi. Knecht, pur avendolo notato, continuò<br />

parecchio tempo a vedervi uno strascico dell'infanzia che<br />

certo sarebbe scomparso. Invece non scomparve affatto.<br />

L'allievo era anche privo del dono di abbandonarsi disinteressatamente all'osservazione, a pensieri e<br />

intuizioni, ai compiti del mestiere. Era intelligente, rapido<br />

nell'apprendere ciò che si può imparare senza applicazione. Ma sempre più era chiaro che perseguiva<br />

scopi<br />

egoistici nel voler apprendere la produzione della pioggia. Soprattutto voleva contare qualcosa, essere<br />

qualcuno e far colpo, aveva la vanità dell'intelligenza, ma<br />

non la vocazione. Aspirava all'applauso, vantava davanti ai coetanei le sue prime arti e nozioni e anche<br />

ciò poteva essere puerile e migliorare in seguito. Sennonché cercava, sì, l'applauso, ma anche il suo<br />

vantaggio e il potere sugli altri. Quando se ne accorse, il<br />

maestro rimase costernato e a poco a poco allontanò<br />

il suo cuore dal giovane. Questi, che era andato già da<br />

qualche anno a scuola da Knecht, fu due o tre volte<br />

trovato colpevole di gravi errori. Si lasciò indurre all'insaputa del maestro, e senza il suo permesso, a<br />

curare<br />

un bambino ammalato o a praticare scongiuri contro<br />

l'invasione dei topi accettando regali in compenso e<br />

quando, nonostante le minacce e le promesse, fu colto<br />

di nuovo in flagrante nell'esercizio di simili pratiche,<br />

il maestro lo licenziò, sporse denuncia all'avola e cercò<br />

di eliminare dalla propria memoria il giovane ingrato<br />

e disutile.<br />

Lo compensarono invece entrambi i due allievi che<br />

ebbe in seguito, particolarmente il secondo, suo figlio<br />

Turu. Voleva un gran bene a questo ultimo dei suoi<br />

r discepoli e sperava che arrivasse più in alto di lui<br />

perché evidentemente lo spirito del nonno era ritornato nel nipote. Ebbe il conforto di poter trasmettere<br />

all'avvenire l'insieme del suo sapere e della sua fede<br />

e di avere un uomo doppiamente figlio suo, cui in<br />

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