Hermann Hesse - Il Giuoco Delle Perle Di Vetro - Altrestorie.net
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domandò: «Non ho forse agito bene?».<br />
«Non dico questo, certo hai fatto bene, altrimenti<br />
quella confessione non sarebbe stata così benefica per<br />
me.»<br />
«Be', lasciamo andare. Allora ti inflissi anche una<br />
penitenza lunga e severa, sia pure senza parole. Ti<br />
presi con me, ti trattai come un servo e ti ricondussi<br />
per forza al compito cui avevi voluto sottrarti.»<br />
Si volse poiché era nemico dei discorsi lunghi, ma<br />
questa volta Giuseppe si ostinò.<br />
«Tu sapevi in precedenza che ti avrei obbedito te<br />
l'avevo promesso prima della confessione, anzi prima<br />
ancora di conoscerti. Ebbene, dimmi: mi hai trattato<br />
così davvero soltanto per questo motivo?»<br />
L'altro fece qualche passo, si fermò davanti a Giuseppe, gli pose una mano sulla spalla e disse: «Gli<br />
uomini di mondo, figlio mio, sono bambini. E i santi...<br />
ecco, quelli non vengono a confessarsi da noi. Tu invece e io e i pari nostri, noi penitenti indagatori e<br />
fuggiaschi dal mondo non siamo bambini né innocenti<br />
tali che una predica ci metta a posto. Siamo noi, noi<br />
sapienti e pensatori che abbiamo assaggiato il frutto<br />
dell'albero della conoscenza, siamo noi i veri peccatori<br />
e non dovremmo trattarci a vicenda come bambini che<br />
si sfiorano con una verga e si lasciano riprendere il<br />
largo. Noi dopo la confessione e la penitenza non ritorniamo nel mondo infantile dove si celebrano feste,<br />
si fanno affari e al]'occasione ci si ammazza l'un l'altro,<br />
noi non vediamo il peccato come un breve sogno cattivo che uno si toglie di dosso con confessioni e<br />
sacrifici: noi ci tratteniamo in quel mondo, non siamo<br />
mai innocenti, ma sempre peccatori, ci tratteniamo nel<br />
peccato e nel fuoco della nostra coscienza e sappiamo<br />
che non pagheremo mai il nostro grande debito a<br />
meno che dopo la morte <strong>Di</strong>o non ci accolga nella sua<br />
grazia. Questa, Giuseppe, è la ragione per cui non posso<br />
far prediche a te e a me stesso né infliggere penitenze.<br />
Noi non abbiamo da trattare con questo o quel deviamento o misfatto, ma sempre con la colpa originaria,<br />
perciò uno di noi può soltanto assicurare l'altro della<br />
propria consapevolezza e dell'affetto fraterno, ma non<br />
guarirlo mediante un castigo. Non lo sapevi?».<br />
Giuseppe mormorò: «E proprio così. Lo sapevo».<br />
«Dunque, non lasciamoci frastornare da discorsi<br />
inutili» disse brevemente il vecchió volgendosi verso<br />
la pietra davanti alla capanna dove era solito pregare.<br />
Passarono alcuni anni e padre <strong>Di</strong>one ebbe sempre<br />
più frequenti attacchi di debolezza, sicché Giuseppe,<br />
vedendo che non era in grado di alzarsi da solo, doveva aiutarlo ogni mattina. Poi <strong>Di</strong>one andava a pregare<br />
e anche dopo la preghiera essendo incapace di<br />
tirarsi su da solo aveva bisogno dell'aiuto di Giuseppe.<br />
Stava poi seduto tutto il giorno a guardare in lontananza. Certe volte però si alzava da sé. Non tutti i<br />
giorni poteva ascoltare confessioni e, quando uno si<br />
confessava da Giuseppe, <strong>Di</strong>one lo chiamava e gli diceva: «Sono alla fine, figlio mio, sono alla fine. <strong>Di</strong>llo<br />
a tutti che questo Giuseppe è il mio successore». E<br />
se Giuseppe faceva l'atto di protestare e di fare obiezioni, il vecchio gli lanciava quell'occhiata terribile<br />
che<br />
attraversava il cuore come un pugnale di ghiaccio<br />
Un giorno in cui si era alzato senza aiuto e pareva<br />
più in forze chiamò Giuseppe e lo condusse al margine<br />
dell'orticello.<br />
«Qui» disse «è il posto in cui mi seppellirai. Scaveremo la fossa insieme e speriamo di averne il tempo.<br />
Vai a prendere la vanga. ><br />
Ogni giorno, all'alba, scavavano dunque un pezzetto.<br />
Quando era in forze, <strong>Di</strong>one levava alcune palate di terra<br />
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