Hermann Hesse - Il Giuoco Delle Perle Di Vetro - Altrestorie.net
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Knecht gli strinse la mano ridendo e si fece condurre in casa dove anche la domestica lo salutò e assicurò<br />
che la cena era presto pronta. Quando, cedendo<br />
a un'insolita necessità, si coricò per riposare un poco<br />
prima di andare a tavola, si rese conto che era piuttosto stanco del bel viaggio in vettura, anzi sfinito; e<br />
mentre passava la sera a discorrere col suo alunno e<br />
a farsi mostrare le collezioni di fiori alpini e di farfalle, quella stanchezza aumentò ancora fino a fargli<br />
provare come una vertigine, come un vuoto nella testa, una sgradevole debolezza e irregolarità del cuore.<br />
Rimase però con il ragazzo fino all'ora stabilita per<br />
andare a letto e si sforzò di non far trapelare quel suo<br />
malessere. L'allievo si stupì un poco di non sentire dal<br />
Magister neanche una parola sull'inizio dell'insegnamento, sull'orario delle lezioni, sulle ultime pagelle<br />
e cose simili, anzi, quando fece un tentativo di sfruttare quelle buone disposizioni e propose per<br />
l'indomani mattina una passeggiata piuttosto lunga per mostrare i dintorni al Maestro, la proposta fu accolta<br />
volentieri.<br />
«Penso con piacere alla nostra passeggiata» soggiunse Knecht «e vorrei chiederle subito un favore.<br />
Osservando la sua collezione di piante, ho notato che<br />
di piante alpine lei si intende molto più di me. La<br />
nostra vita in comune persegue, tra l'altro, lo scopo di<br />
scambiarci le nostre esperienze e di arrivare allo stesso<br />
livello. Incominciamo dunque con un esame delle mie<br />
scarse nozioni botaniche e veda di farmi fare qualche<br />
passo avanti in questo campo.»<br />
Quando si augurarono la buona notte, Tito era<br />
molto contento e formulava buoni proponimenti. Ancora una volta quel Magister Knecht gli era piaciuto.<br />
Senza usare gran paroloni e discorrere come facevano<br />
i suoi professori, di scienza, virtù, nobiltà dello spirito<br />
e cose simili, quell'uomo sereno e gentile aveva nel<br />
carattere e nella parola qualcosa che obbligava e faceva<br />
appello alle forze nobili e cavalleresche e alle superiori aspirazioni. Poteva essere divertente e persino<br />
meritOrio ingannare e beffare un qualunque maestro<br />
di scuola, ma tali voglie non potevano venire di fronte<br />
a quell'uomo. Egli era... già, che cosa era? E come<br />
era? Tito rifletté che cosa mai gli piacesse tanto in<br />
quel forestiero e gli ispirasse tanto rispetto e trovò<br />
che doveva essere il suo animo nobile e la sua signorilità. Questa soprattutto lo attraeva. Quel Knecht era<br />
nobileJ era un signore, un gentiluomo, benché nessuno conoscesse la sua famiglia e suo padre potesse<br />
aver fatto il calzolaio. Era più nobile e distinto della<br />
maggior parte di coloro che Tito conosceva, anche più<br />
distinto di suo padre. <strong>Il</strong> giovane, che stimava molto<br />
le tendenze e tradizioni patrizie della sua casa e non<br />
perdonava a suo padre di averle abbandonate, incontrava ora per la prima volta la nobiltà spirituale e<br />
acquisita, quella potenza che in condizioni felici può<br />
talvolta nel tempo di un'unica vita umana, scavalcando<br />
una lunga serie di antenati e generazioni, fare il miracolo di trasformare un fanciullo plebeo in un nobile<br />
di alto lignaggio. Nel cuore del giovane superbo e focoso sorse l'idea che appartenere a questa specie di<br />
nobiltà e servirla avrebbe potuto diventare per lui un<br />
obbligo e un onore e che forse, impersonato in quel<br />
maestro il quale nonostante la mansuetudine e la gentilezza era un signore da capo a piedi, ora gli veniva<br />
incontro il senso, la meta della sua vita.<br />
Knecht fu accompagnato in camera sua, ma non si<br />
coricò subito, benché ne avesse una gran voglia. La<br />
sera lo aveva affaticato sicché non gli era stato facile<br />
dominare la voce, l'espressione e l'atteggiamento in<br />
modo che Tito, il quale senza dubbio lo osser.vava attentamente, non notasse quella singolare stanchezza,<br />
aumentata nel frattempo, o sospettasse un malumore<br />
o una malattia. Comunque fosse, credeva di esserci riuscito. Adesso però doveva affrontare e vincere quel<br />
vuoto, quel malessere, quell'angoscioso senso di vertigine, quella stanchezza mortale che era anche<br />
inquietudine, ma in primo luogo doveva scoprirne le cause<br />
e la natura. Non fu troppo difficile, anche se ci arrivò<br />
dopo qualche tempo. <strong>Il</strong> suo malessere non aveva altra<br />
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