Hermann Hesse - Il Giuoco Delle Perle Di Vetro - Altrestorie.net
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anni ho dubitato e studiato finché la decisione fu matura e nonostante tutto mi decisi per il <strong>Giuoco</strong>. Lo<br />
feci appunto perché c'era in me lo stimolo a cercare<br />
il massimo di attuazione e a servire soltanto il più<br />
grande dei padroni».<br />
«Capisco» disse Alexander. «Ma per quanto ci<br />
guardi e comunque voi lo presentiate, m'imbatto sempre nella medesima causa di tutte le vostre<br />
singolarità.<br />
Voi avete una stima eccessiva della vostra persona o<br />
dipendete troppo da essa: che non è la stessa cosa<br />
come essere una grande personalità. Uno può essere<br />
per intelligenza, volontà e costanza un astro di prima<br />
grandezza ma centrato così bene da girare col sistema,<br />
del quale fa parte, senza alcun attrito o spreco di energia; un altro possiede le stesse doti o ne ha magari di<br />
più belle ma l'asse del sistema non lo attraversa esattamente ed egli spreca metà della sua energia in<br />
movimenti eccentrici che lo indeboliscono e turbano chi<br />
gli sta intorno. Voi dovete appartenere a questa categoria. Devo riconoscere però che avete saputo<br />
nasconderlo egregiamente. Con tanto maggior violenza sembra che ora il male esploda. Mi avete parlato di<br />
san<br />
Cristoforo e devo dire che, se anche questo personaggio ha qualcosa di grandioso e commovente, non può<br />
certo esser preso a modello da chi serve la nostra gerarchia. Chi vuol servire deve servire quel padrone al<br />
quale ha prestato giuramento, nel bene e nel male,<br />
senza la segreta riserva di mutar padrone appena ne<br />
trovi uno più splendido. In tal modo il servo si erige<br />
a giudice dei suoi padroni, esattamente come fate voi.»<br />
Knecht aveva ascoltato con attenzione, non senza<br />
un'ombra di tristezza sul volto. «Rispetto il vostro<br />
giudizio» continuò. «Non potevo aspettare che fosse<br />
diverso. Ma lasciatemi raccontare ancora un poco. Dunque, diventai giocatore di perle e per parecchio<br />
tempo<br />
ebbi la convinzione di servire il più alto dei padroni.<br />
Almeno, il mio amico Designori mi spiegò una volta<br />
con molta chiarezza quale sia stata un tempo la mia<br />
arroganza, la mia sufficienza, la mia alterigia di campione del <strong>Giuoco</strong>. Ma devo anche dirvi quale valore<br />
abbia avuto per me, dopo gli anni di scuola e il risveglio, la parola "trascendere". La trovai, se non erro,<br />
durante la lettura di un filosofo illuminista, sotto l'influsso del Maestro Thomas von der Trave, e da<br />
allora,<br />
allo stesso modo del risveglio, fu per me veramente<br />
una parola magica, esigente e incitante, consolatrice e<br />
piena di promesse. La mia vita, così all'incirca mi proposi, doveva essere un trascendere, un progredire di<br />
gradino in gradino, un attraversare e lasciarmi alle<br />
spalle spazio dopo spazio, come una musica suona un<br />
tema dopo l'altro, un tempo dopo l'altro, e svolti che<br />
li abbia se li lascia dietro senza mai stancarsi o dormire, sempre desta, sempre presente con tutte le sue<br />
parti. In rapporto all'esperienza del risveglio avevo<br />
notato che esistono siffatti gradini e spazi e che di<br />
volta in volta l'ultima parte d'un periodo di vita contiene un tono di decadenza e di volontà di morte che<br />
conduce poi al passaggio in un nuovo spazio, al risveglio, a un nuovo inizio. Vi comunico anche questa<br />
immagine del trascendere come mezzo utile per interpretare la mia vita. La decisione in favore del <strong>Giuoco</strong><br />
delle perle fu un gradino importante e non. meno<br />
importante il primo sensibile inserimento nella gerarchia. Anche nella mia carica di Magister mi è<br />
capitato<br />
di salire siffatti gradini. La cosa migliore recatami dall'ufficio fu la scoperta che non solo far musica e<br />
giocare alle perle sono attività gioiose, ma anche insegnare e meditare. A poco a poco potei anche scoprire<br />
che provavo tanto maggior piacere nell'educare quanto<br />
più giovani e meno sviati erano gli allievi. Anche ciò<br />
mi portò tra l'altro ad augurarmi alunni sempre più giovani, a farmi desiderare di insegnare in una scuola<br />
per<br />
principianti, insomma ad occupare talvolta la mia fantasia con cose che erano fuori del mio ufficio.»<br />
Fece una pausa per riposare mentre il presidente<br />
osservava: «Magister, voi mi sbalordite sempre più.<br />
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