Hermann Hesse - Il Giuoco Delle Perle Di Vetro - Altrestorie.net
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non era un amico, un conoscente, una persona, ma<br />
uno delliélite, uno studente, un ripetente e candidato:<br />
una parte del suo lavoro, un soldato delle truppe che<br />
doveva addestrare e condurre alla vittoria. Quando il<br />
Magister gli parlò la prima volta in questo tono, Fritz<br />
ebbe un brivido: dal suo sguardo aveva capito che<br />
quel distacco oggettivo non era affatto simulato, bensi<br />
autentico e pauroso, e chi lo trattava con quella cortesia oggettiva, pur essendo spiritualmente sveglio,<br />
non<br />
era più il suo amico Josef, ma soltanto un insegnante<br />
ed esaminatore, tutto giocatore di perle, circoscritto<br />
dalla severità del suo ufficio e quasi racchiuso in uno<br />
smalto lucente che in mezzo al fuoco gli avessero versato addosso, lasciandolo poi raffreddare. D'altro<br />
canto<br />
ci fu in quelle torride settimane un piccolo incidente.<br />
Afflitto dall'insonnia e scosso da ciò che gli era capitato, Tegularius si rese colpevole di una scortesia, di<br />
una breve esplosione nel piccolo seminario, non già<br />
contro il Magister ma contro un collega che col suo<br />
¨ tono ironico gli aveva urtato i nervi. Knecht se ne<br />
accorse, notò anche l'irritazione del trasgressore, lo<br />
ammoni soltanto con un dito, senza parlare, ma dopo<br />
la lezione gli mandò il suo maestro di meditazione<br />
perché sottoponesse quell'uomo difficile a un po' di<br />
cura spirituale. Tegularius, dopo le settimane di disinteresse da parte di Josef, vi scorse un primo indizio<br />
dell'amicizia rinascente: la prese infatti come attenzione personale e accettò volentieri la cura. In realtà<br />
Knecht non aveva neanche badato a chi rivolgesse<br />
quell'attenzione, aveva agito soltanto da Magister: avendo osservato in un ripetente segni di irritazione e<br />
la<br />
mancanza del dominio di sé, aveva reagito pedagogicamente senza neanche considerare Tegularius come<br />
persona o metterlo in rapporto con sé stesso. Quando<br />
alcuni mesi dopo l'amico gli rammentò questa scena,<br />
dicendo quanto quel segno di bènevolenza gli avesse<br />
dato conforto, Josef Knecht, che se n'era del tutto<br />
scordato, tacque e rinunciò a confutare l'errore.<br />
Infine la meta fu raggiunta, la battaglia fu vinta.<br />
Non era stato facile conquistare l'élite, stancarla a<br />
furia di esercizi, domare gli ambiziosi, cattivarsi gli<br />
indecisi, imporsi ai tracotanti; ma ormai l'opera era<br />
finita, i candidati del Villaggio avevano riconosciuto il<br />
loro Maestro e gli si erano arresi e tutto procedeva<br />
con facilità, come se fosse mancata soltanto una goccia<br />
d'olio. <strong>Il</strong> ripetitore combinò insieme con Knecht un<br />
ultimo programma di lavoro, gli espresse l'elogio delle<br />
Autorità e scomparve. Alexander, il maestro di meditazione, fece altrettanto. Al massaggio del mattino si<br />
sostitui di nuovo la passeggiata e, quantunque per il<br />
momento non fosse neanche da pensare allo studio o<br />
soltanto alla lettura, la sera prima di andare a letto<br />
si riprese, in certi giorni, a fare un po' di musica.<br />
Quando si presentò la seconda volta alle Autorità,<br />
Knecht comprese benissimo, senza che nessuno facesse<br />
parola, di essere pari ai suoi colleghi. Dopo l'ardore e<br />
la dedizione alla battaglia per il proprio riconoscimento<br />
si trovò ora ad occhi aperti e a mente fredda, si vide<br />
nel cuore della Castalia, sul più alto gradino della<br />
gerarchia e con strana freddezza, quasi con delusione,<br />
rilevò che poteva respirare anche quell'aria molto rarefatta, che però respirandola come non ne<br />
conoscesse<br />
alcun'altra era diventato un altro. Era il frutto del<br />
duro periodo di prova che lo aveva arso come nessun<br />
altro servizio e nessun altro sforzo fino allora.<br />
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