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RIFLETTICI - Istituto Cintamani

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Tuttavia oltre l’universo manifesto sta l’Uno senza forma, Quello che non è un individuo,<br />

perché libero dalle limitazioni dell’esistenza individualizzata. Perciò i Buddisti a ragione<br />

affermano che la natura della Divinità è non-individualizzata e rifiutano di personalizzarla. Il<br />

Padre, il Figlio e lo Spirito Santo della teologia cristiana, che incarnano le trinità di tutte le<br />

teologie, scompaiono anch’esse nell’Uno quando il periodo di manifestazione è concluso.<br />

Rimangono come Uno, con qualità e vita indifferenziate e intatte, come lo sono durante la<br />

manifestazione.<br />

Avviene qualcosa di analogo quando l’uomo muore. I suoi tre aspetti — mente o volontà,<br />

emozione o amore e apparenza fisica — svaniscono. Non vi è più una persona. Eppure, se si<br />

accetta l’ipotesi dell’immortalità, l’essere cosciente rimane; la sua qualità, il proposito e la<br />

vita si riuniscono all’anima immortale. La forma esterna, differenziata in una trinità<br />

manifesta, è scomparsa — e non tornerà mai più nel tempo e nello spazio in forma ed<br />

espressione uguali.<br />

L’azione reciproca fra anima e mente produce l’universo manifestato, con tutto ciò ch’esso<br />

include. Fintanto ch’essa perdura, sia in Dio che nell’uomo, noi usiamo (e in che altro modo<br />

potremmo esprimerci con chiarezza?) termini d’origine umana e perciò limitanti; è il nostro<br />

stadio d’illuminazione attuale, o dovremmo forse dire di non-illuminazione? Così si<br />

costruisce l’idea d’individualità, di personalità e di forma. Quando l’azione reciproca e la<br />

manifestazione cessano, questi termini non sono più adatti; non hanno più senso. Ma l’uno<br />

immortale, sia esso Dio o uomo, permane.<br />

Così nel pensiero umano, preservatoci dal Grande Maestro dell’Oriente, il Buddha,<br />

abbiamo il concetto della Divinità trascendente, distinta dalle triplicità, dualità e molteplicità<br />

della manifestazione. Non vi è che vita, senza forma, senza individualità, ignota.<br />

L'insegnamento dell’Occidente, preservato e formulato dal Cristo, conserva il concetto di Dio<br />

immanente: Dio in noi e in tutte le forme. Con la sintesi dei due insegnamenti e la fusione di<br />

quelle due grandi scuole di pensiero, qualche cosa del Tutto supremo si può percepire, ma<br />

percepire soltanto, non conoscere. (15-229/31).<br />

(9) Una delle cose più difficili da comprendere ed interpretare per l’uomo pensante medio<br />

sono i processi distruttivi di quella ch’egli chiama (in mancanza di un termine migliore) “la<br />

volontà di Dio”. Questo è uno dei risultati (soltanto uno) di una civiltà puramente<br />

materialistica, che ha dato importanza esclusivamente al lato forma dell’esperienza e così<br />

considera il benessere fisico e gli agi fisici, insieme ai possessi materiali, come il vero scopo<br />

di tutto lo sforzo umano. È su quest’esteso atteggiamento e su questa reazione, che si<br />

concentrerà la luce in arrivo, e man mano che la luce rivelerà la realtà, il mondo fenomenico e<br />

il mondo dei valori spirituali entreranno in un migliore rapporto diretto. (18-649).<br />

(10) Le religioni orientali hanno accentuato Dio immanente nel profondo del cuore umano,<br />

“più vicino dei piedi e delle mani”, il Sé, l’Uno, Atma; “più piccolo del piccolo”, eppure<br />

onnipervadente. Quelle occidentali hanno presentato Dio trascendente, esterno all’universo,<br />

l’Osservatore. Questo concetto della divinità ha condizionato gli uomini soprattutto perché si<br />

manifesta nei processi naturali; più tardi, nella legge religiosa ebraica Dio apparve quale<br />

Jehovah, quale anima di una nazione.<br />

Poi venne considerato quale uomo perfetto, e il divino Uomo-Dio camminò sulla Terra<br />

nella Persona del Cristo. Oggi si va sempre più affermando il concetto di Dio immanente in<br />

ogni uomo e in ogni forma creata. Oggi le chiese dovrebbero offrire la sintesi dei due concetti<br />

che troviamo espressi da Shri Krishna nella Bhagavad Gita: “Avendo pervaso con un<br />

frammento di Me l’intero universo, Io rimango”. Dio, più vasto di tutto il creato, eppure<br />

presente anche in ciascuna sua parte; Dio trascendente, garanzia del piano per il mondo,<br />

Proposito che condiziona tutto ciò che vive, dall’atomo infinitesimo, attraverso tutti i regni<br />

della natura, fino all’uomo. (8-144/5).<br />

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