uno sguardo d'insieme - CSV Marche
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Seconda parte Volontariato e… motivazioni<br />
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“Nel (nome associazione) oltre al consiglio direttivo ci sono varie commissioni e quindi spesso e<br />
volentieri ci sono dei contrasti che possono scoppiare perché ogn<strong>uno</strong>, naturalmente, coltiva il<br />
proprio orticello. È una cosa che avviene in tutte le migliori famiglie! A volte facendo un<br />
programma per l’escursionismo può danneggiare oppure non è d’accordo l’alpinismo giovanile o<br />
il gruppo che cura l’attività culturale. (intervista 41, Mattia, 65 anni)<br />
Più spesso si verificava la condizione di una realtà aperta in cui però i dirigenti facevano pesare il<br />
proprio ruolo e il tempo in più che dedicavano all’associazione, rendendo questo <strong>uno</strong> strumento per<br />
far andare le decisioni verso le direzioni che più preferivano.<br />
“Ogni mese c’era una riunione, si parlava, si discuteva… Non c’era nulla di imposto, magari si<br />
propendeva più per una attività che per un’altra, ma un’opposizione vera e propria non si è mai<br />
manifestata. Direi che alcune volte i dirigenti facevano pesare molto la loro parola rispetto agli altri,<br />
facevano pesare la maggiore disponibilità o il fatto che fanno un lavoro…ma non era un obbligo: vuoi<br />
fare un lavoro? Lo fai, ma non lo fai poi pesare! Molte volte si tendeva a valorizzare la carica…non<br />
tutti, ma alcuni sì…” (intervista 7, Giorgio, 63 anni)<br />
Non tutti però sembrano disapprovare questo modo di operare: chi c’è sempre, chi dà tanto, sembrano<br />
affermare, ha maggiori diritti di altri di decidere e deve quindi essergli riconosciuto un peso<br />
maggiore.<br />
“Come in tutte le associazioni: i soci sono tanti, (nome associazione) ne ha più di 200 (…) però le<br />
persone che si ritrovano a lavorare sono sempre quelle 4 o 5 persone e quindi è chiaro che il<br />
lavoro, il potere è concentrato in quelle persone lì che lavorano. Poi che qualc<strong>uno</strong> possa dire<br />
“comandano sempre loro” questo è facile dirlo quando poi tu non fai niente; questo sta in tutte le<br />
migliori case. Da noi è così: sono 4 le persone che lavorano e poi gli altri dicono “N. è un<br />
ficcanaso, una persona intraprendente e dà fastidio” però se gli altri stanno a casa allora<br />
chiudiamo la sede. Di questo sono consapevole: non si può dare la colpa di questo strapotere a<br />
N. o a qualche altro quando N. fa tutto lui, organizza tutto lui e sistema tutto lui!” (intervista 41,<br />
Mattia, 65 anni)<br />
In quest’ultimo stralcio di intervista sembra emergere l’importanza dell’azione volontaria e la sua<br />
fragilità.<br />
I volontari fuoriusciti che abbiamo intervistato, infatti, sembrano essere stati “toccati” anche in modo<br />
rilevante da conflitti derivanti da processi decisionali che loro sentivano come non partecipati. Il<br />
senso di abbandono che ci è sembrato di poter rintracciare nella parole di alcuni di loro conferma<br />
questa ipotesi.<br />
Ci sembra importante, inoltre, il ruolo del presidente: un cattivo rapporto con questa figura chiave<br />
sembra infatti essere un’anticamera dell’abbandono.<br />
Riassumendo…<br />
Abbiamo potuto notare, da queste interviste, che le OdV che abbiamo incluso nel nostro campione<br />
appaiono strutture piuttosto concentrate intorno al vertice, formato dal presidente e da un ristretto<br />
gruppo di volontari a cui sono state assegnate le diverse cariche.<br />
Se questa è la struttura che ci viene descritta dai presidenti, la stessa configurazione emerge anche dai<br />
racconti dei volontari di “lungo corso”.<br />
Non sono, però, sentimenti poco democratici a dare origine a questa configurazione: spesso, invece,<br />
nelle parole dei presidenti troviamo la chiara volontà di dare luogo a situazioni più partecipate, ad un<br />
processo di responsabilizzazione che vada oltre la cerchia ristretta di quelle poche persone più attive<br />
– e, a volte, a questa volontà sono corrisposti precisi tentativi di andare in quella direzione.